Questo blog è dedicato ai tanti mali che affliggono la nostra scuola pubblica,visti dalla parte di una maestra ormai vicina al pensionamento ma ancora cocciutamente, assurdamente orgogliosa di fare l'insegnante.
giovedì 12 marzo 2009
martedì 10 marzo 2009
Valutare così oppure non valutare per niente

A scuola si discute molto sull'opportunità di esprimere i giudizi attraverso aggettivi numerali o qualificativi. Nell'immagine vediamo una pagella dell'epoca fascista con la terminologia "insufficiente, sufficiente, buono", analoga a quella che usavamo fino all'anno scorso ed abolita dal ministro Gelmini per ripristinare i voti da 0 a 10 della nostra infanzia.
La motivazione? I numeri sono più chiari, meno ambigui.Anche secondo molti docenti, un cinque sarebbe più comprensibile di un "non sufficiente", espressione sicuramente tremenda dal punto di vista grammaticale...
Per analoghe ragioni, un otto peserebbe più di un generico distinto.
La conferma è arrivata puntualmente con le schede di valutazione del primo quadrimestre; pochissimi insegnanti si sono azzardati a usare i voti estremi, da zero a cinque, nove e dieci. Insomma, se con gli aggettivi qualificativi si poteva indorare la pillola, con i numerali è impossibile.
L'effetto spiazzante del voto numerico dipende dalla memoria collettiva: tutti abbiamo impresse nella mente le vecchie pagelle con i numeri scritti in inchiostro stilografico, perciò ricordiamo bene che i nove e i dieci erano molto rari, mentre gli zero, gli uno e i due erano quasi inesistenti nella scuola elementare. Meritare sei non scandalizzava nessuno, anzi rientrava nella norma. E' un bene o un male essere ritornati a quel tipo di valutazione? Difficile stabilirlo.
Certo, di mode ne sono passate tante! Chi non ricorda il giudizio globale degli anni ottanta oppure le A, B, C, D ed E degli anni novanta?
Qualunque sia il metodo usato, valutare gli alunni resta una delle imprese più complicate e delicate da affrontare per noi insegnanti. Non abbiamo ancora una preparazione adeguata; il termine "cultura della valutazione" fa sorridere alcuni noti pedagogisti di elevato spessore, ma intanto le notizie sulla pioggia di cinque in condotta, in matematica e lingue dimostra che il problema esiste e che dovremmo prenderlo sul serio.
Dopo decine di corsi "d'aggiornamento" sui temi più disparati, non abbiamo la minima idea del perché e del come sia giusto valutare gli studenti! Non dobbiamo meravigliarci, allora, se molti usano il voto come arma punitiva. Un'arma sicuramente arrugginita e spuntata...però l'unica esistente nello sfascio generale della scuola e delle istituzioni in genere.
Per quanto mi riguarda, abolirei completamente la valutazione nella scuola dell'obbligo! E' inutile, ipocrita e dannosa. Non c'è una corrispondenza tra il voto e le reali competenze possedute dagli alunni; siamo noi stessi ad affermare, paradossalmente, che il sei dato a Pierino non è la stessa cosa del sei dato a Giacomino...A seconda delle nostre vedute e delle nostre simpatie o antipatie, quel sei si allarga o si stringe! Ho sentito maestre affermare con candida crudeltà che "un bambino povero e di modeste capacità, ma studioso ed umile, merita di essere aiutato alzandogli il voto, mentre il ragazzino di famiglia agiata, viziato e fannullone anche se capace e intelligente, deve essere punito con voti bassi". Capita che il figlio di papà, indolente e tanto antipatico alla maestra ma pieno d'interessi e con una buona cultura generale, prenda sei in italiano come l'alunno disabile psichico che a malapena riesce a leggere sillabando sul libro di prima. Certo, bisogna aiutare chi non ce la fa, ma perché non aiutare chi a scuola si annoia? Perché diventare rigidi e punitivi proprio con quelli che dovremmo valorizzare e impegnare di più? Forse perché ci ricordano la nostra inadeguatezza, le nostre carenze? Sarà umano, ma non è degno di un educatore.
E' vero che il voto è relativo alla persona e agli obiettivi previsti; ma non è affatto facile comprenderlo per un ragazzino di nove anni e per i suoi genitori. Dovremmo spiegarglielo noi, se abbiamo le idee chiare...
Nella primaria non c'è omogeneità, chiarezza e trasparenza sulla valutazione; quando un bambino capisce che sarà promosso in ogni caso, e sente che il suo voto non corrisponde tanto alle sue competenze quanto piuttosto al giudizio (arbitrario) del maestro, si gettano le basi di una sfiducia nella scuola che nella secondaria potrà esplodere in ribellione e aperto rifiuto.
La scheda quadrimestrale in uso, secondo me, non ha alcuna giustificazione didattica ed è discutibile anche dal punto di vista educativo. In un post precedente ho scritto che il giudizio del comportamento è superfluo, anzi dannoso (vedi Fai il bravo, o la maestra ti metterà...distinto)
Non educa nessuno il giudizio globale che, mescolando psicologismo a buon mercato con osservazioni gratuite, pretende di definire in poche righe la personalità dell'alunno, il suo atteggiamento verso la scuola, le sue capacità...Assolutamente da abolire! Ci rendiamo conto che certe parole pesano come pietre? Un bambino può subire un trauma enorme dall'essere descritto in modo poco lusinghiero; a quel punto, è preferibile un cinque in storia a un eufemismo dal quale si deduce che è un incapace. Il cinque può essere superato studiando di più, ma la cattiva opinione del maestro brucia come una ferita. Scripta manent, purtroppo: quel giudizio sarà letto anche dai professori della scuola secondaria inferiore (e meno male che non c'è il portfolio, altrimenti lo perseguiterebbe fino al liceo).
Sostenere che i brutti voti sono una vergogna per i professori, i quali dichiarano così di non saper svolgere il loro mestiere, è vero solo in parte.
Ci sono classi in cui, per riuscire a insegnare, ci vuole una forza spaventosa.
Ci sono anche professori inetti, sprovvisti di una metodologia adeguata ai tempi; questa, però, è una responsabilità di chi li ha messi in cattedra senza fornire loro una valida preparazione e senza selezionare i più adatti.
L'insegnamento non è un mestiere facile, di ripiego, tanto per acchiappare un posticino comodo e uno stipendio fisso: richiede doti comunicative, empatia, forza di carattere, moralità elevata. Possedere una laurea specialistica non significa automaticamente avere queste capacità, che non dipendono dalla cultura ma sono in gran parte innate e in parte sviluppate dall'ambiente sociale e dall'educazione ricevuta.
Per fortuna ci sono anche molti bravi professori, comunque oggi non è facile per nessuno conquistare l'attenzione e la fiducia di studenti attratti da altri interessi. Nella primaria si comincia già a lottare contro i cellulari, i messaggini e le riprese video nei bagni...figurarsi nella secondaria!
Di fronte a una società in disgregazione che disprezza la cultura, serve una riforma massiccia della scuola a tutti i livelli...siccome non è certo un compito facile, preferiamo assumere un atteggiamento autoritario, ma non ci illudiamo che possa bastare! I ragazzi "dispersi" delle zone a rischio non torneranno certo sui banchi per timore della bocciatura o di qualche cinque, il loro malessere è molto più profondo! Forse otterremo qualcosa in altri ambienti meno degradati.
Cosa fare, allora? Vedo due fronti su cui potremmo lavorare, solo che per il secondo ci serve l'aiuto concreto delle istituzioni.
Primo fronte: cambiare il nostro atteggiamento verso la valutazione. Né buonismo né pugno di ferro.
Poi strutturare diversamente le lezioni.
La scheda attuale potrebbe essere sostituita con vantaggio da test a punteggio; a patto che, poi, chi non supera tutte le prove sia obbligato a seguire uno o più percorsi di recupero, nell'ottica dei gruppi di livello e della scuola sempre aperta. Certo che, se i corsi di recupero diventano una buffonata, tanto vale non cominciare neppure.
In alcuni istituti ancora si perpetua il mito della classe anagrafica minacciando gli alunni con lo spauracchio della bocciatura; ripetere l'anno è considerato un marchio, una patente d' incapace...in quegli ambienti non è neppure concepibile costituire gruppi composti da bambini di diversa età e analoghe competenze, perché sarebbero rifiutati dai genitori e dagli stessi studenti. Se poi si pretende di tenere la scuola aperta solo di mattina e se si eliminano le compresenze, non si potrà mai recuperare nessun disagio e nessuna impreparazione. Parlo degli alunni stranieri ma anche di quelli italiani!
Secondo fronte: rinnovare le strutture, accogliere e usare le nuove tecnologie.
Una scuola accogliente e non nemica dovrebbe offrire ai ragazzi molte attività interessanti, basate sull'uso delle tecnologie audiovisive e informatiche (che meraviglia avere un computer su ogni banco...) ed anche corsi di musica, arte e scienze naturali, educazione fisica. La lezione frontale basata sui bla bla non conquista più i giovani! I docenti, soprattutto quelli delle superiori dovrebbero prepararsi all'uso frequente delle tecnologie: lavagne interattive, proiezioni di video storici, cd multirom per le lingue, ecc. Quanto costa? Molto. Più di quanto il Miur sia disposto a spendere. Si potrebbe risparmiare su mille spese inutili, ma nessuno lo vuole.
La realtà è molto più squallida: banchi vecchi e rotti, mancanza di gessi e carta, fotocopiatrici che un giorno funzionano e tre no, aule strette e affollate, cornicioni che crollano...
Senza sognare l'irreale, possiamo provare a impegnarci sul primo fronte, più vicino alle nostre possibilità.
sabato 7 marzo 2009
Pioggia di cinque nella scuola secondaria
Siamo fatti così: ci sta franando una montagna addosso e ci preoccupiamo di spazzare la polvere sul pianerottolo.
Sta per abbattersi su di noi la scure dei tagli sugli organici, ma l'argomento sembra passato in sordina. Invece la notizia sulla pioggia di cinque elargiti dai professori nel primo quadrimestre riesce a sollevare vivaci polemiche.
Reagiscono sorpresi alcuni grandi esperti di scuola, ma non la maggioranza di chi ci vive e ci lavora: infatti noi sappiamo bene che nella scuola dilagano la maleducazione e lo scarso impegno.
E poi, c'erano da tempo tutti i segnali per ipotizzare che i professori avrebbero usato ampiamente lo strumento fornito loro dal nuovo corso ministeriale. Nelle varie inchieste la maggioranza dei docenti si era sempre dichiarata favorevole ai voti numerici e all'influenza del voto di comportamento sulla bocciatura. Malgrado le rettifiche dell'ultimo minuto, in cui il Miur specificava, a scanso di equivoci, che la bocciatura da cattivo comportamento era comunque riservata a situazioni di particolari gravità, comprovate da sospensioni di almeno quindici giorni, i professori hanno capito la vera richiesta sottintesa e hanno risposto senza mezzi termini.
Qui c'è poco scherzare: o abbiamo studenti pessimi, oppure professori nostalgici di altri regimi. La seconda ipotesi non regge (lo stesso Berlusconi ha sempre denunciato una prevalenza in cattedra di ex sessantottini e comunisti, non certo amici suoi), quindi dobbiamo prendere per buona la prima.
Ecco il tremendo segnale che ci mandano gli insegnanti: "Abbiamo una generazione di alunni indisciplinati, di bulli sfrontati che non riusciamo a tenere nei banchi. O ci aiutate, oppure usiamo e useremo quest'arma. Anzi, grazie per avercela data!"
E' terribile che debbano arrivare a questo, ma è ancora più terribile che nessuno sia mai intervenuto in loro aiuto, condannando la scuola a diventare, nei casi estremi, una specie di trincea.
I teorici della scuola negano le dimensioni del fenomeno, attribuendolo a poche aree geografiche o a rari casi circoscritti e citando l'esempio dei molti istituti virtuosi, poli d'eccellenza dove si studia in un'oasi di pace e di armonia e dove tutto funziona bene senza troppe discussioni né urla nei corridoi.
Qualche volta però quei signori farebbero bene a scendere un po' nella mischia. Provino a contaminarsi con la didattica disperata di certe classi, ormai diffuse in tutte le regioni italiane e non solo nei quartieri a rischio, dove una professoressa non può girarsi a scrivere sulla lavagna per il terrore di quello che può succedere alle sue spalle...
Perché un docente dovrebbe vergognarsi di dare un brutto voto a un alunno, se è meritato? E' questa tattica della vergogna e della negazione che ci ha portato all'emergenza educativa che ancora qualcuno si ostina a non riconoscere. Sarebbe bello non dover mai punire, mai rimproverare...Anch'io sono stata sempre contraria al voto usato in senso punitivo e ricattatorio, ma la realtà non è tanto idilliaca.
Poter dare qualche brutto voto sembra restituire ai docenti un minimo d'autorità, o meglio autorevolezza dopo anni in cui non hanno potuto fare altro che sopportare e nascondere in silenzio il cattivo comportamento degli alunni. Conosciamo benissimo la litania di tanti presidi e genitori: "La colpa è solo vostra, siete voi che non riuscite a interessare ed educare gli studenti! Se non sapete insegnare, statevene a casa!"
Mi dispiace molto dirlo, ma ho conosciuto anche insegnanti pronti a dare l'ostracismo ai colleghi, invece di dimostrarsi solidali e offrire loro un minimo d'aiuto.
Il burnout non esisterebbe e anche il bullismo sarebbe molto più sporadico se i vari ministri in carica non avessero avallato la prassi buonista di tollerare l'intollerabile, colpevolizzando e isolando i docenti "diversi" che non si adattavano all'andazzo.
La prima causa va cercata in questo lassismo imposto dall'alto; poi nella scarsa criticità che contraddistingue la nostra categoria, per formazione tendente al buonismo e al conformismo. Come tutti i buonisti, ci piace sembrare buoni ma non lo siamo e per questo siamo capaci di sottili cattiverie camuffate nei confronti di chi ci appare più esposto e vulnerabile: per esempio i colleghi veramente buoni, quelli meno esperti e meno forti di carattere, i nemici del preside, quelli in minoranza...Parlando di alunni, ci viene facile fare i rigorosi con i figli di nessuno, mentre se dobbiamo mettere una nota o un brutto voto a certi altri, be', meglio evitare...E' tipico l'atteggiamento di chi dichiara:"Con me i ragazzi si comportano bene, so farmi rispettare, IO!" anche se naturalmente non è affatto vero, lo dice solo per apparire più bravo dei colleghi e per non avere fastidi con le famiglie.
Infine vengono le colpe della società attuale, distratta da mille miti consumistici ma comunque ancora disposta a rispettare una scuola che vale e che sa difendere compatta i propri valori.
Ma noi insegnanti sappiamo ancora essere compatti? Abbiamo ancora valori comuni da sostenere? A volte ne dubito. Questo improvviso guizzo di severità è l'unico segno emergente da una classe docente abulica, sfinita, priva di motivazione.
Secondo alcuni il voto di condotta è un autentico obbrobrio, uno strumento anacronistico, punitivo e diseducativo. Certo, in assoluto dovrebbe essere così...in un ambiente ideale, se esiste...con studenti autodisciplinati, razionali, sereni, provenienti da contesti sociali evoluti...ma perché mai dovrebbe servire un brutto voto a ragazzi che ti ascoltano, ti lasciano parlare, sanno essere responsabili? Alunni così, figli così li vorremmo tutti, purtroppo però sono perle rare!
Prendiamo finalmente atto che abbiamo anche studenti difficili. Potremmo discutere per giorni sul fenomeno stabilendo una classifica delle cause, ma santo cielo, ammettiamolo una buona volta e soprattutto facciamo qualcosa al più presto, qualsiasi cosa in buona fede per risolvere questo problema!
Io con i miei figli non ho mai avuto conflitti violenti, per fortuna sono riuscita spesso a convincerli con il ragionamento, ma non è sempre così semplice. Ad ogni modo, ora che sono cresciuti mi domando se non avrei fatto meglio a usare un po' più di severità quando non studiavano; probabilmente quella sarebbe stata più efficace di tanti ragionamenti rimasti inascoltati.
Se un bambino si mette a spaccare i vetri di casa, senza ascoltarci, che cosa è più giusto fare? Dobbiamo forse non punirlo e lasciargli rompere tutto, col rischio che si possa ferire, o mandarlo in castigo? Da genitori, è amaro dover ammettere una soluzione tanto drastica come l'unica risorsa possibile, ma ci tocca.
Da docenti non possiamo certo andare fieri delle note disciplinari e delle insufficienze che ci troviamo costretti ad assegnare, ma rinunciare a darle per sembrare nobili e buoni sarebbe un atto diseducativo, egoistico e opportunistico. Ci salva la faccia, ma crea un danno enorme per la società. I ragazzini a cui tutto - o quasi - è permesso e perdonato si scontreranno certamente con la vita, che è molto più dura e selettiva. Quelli a cui, mentendo, abbiamo ripetuto che sono bravi, prima o poi scopriranno di non saper fare niente e allora per riscattarsi non troveranno molte alternative, o l'autodistruzione o la delinquenza.
Educare non è un facile: è una professione faticosa, qualche volta appagante, più spesso frustrante, che richiede un'integrità morale non comune. Chi non la possiede, chi cerca il posticino comodo o il consenso popolare, non dovrebbe occuparsi di scuola.
Reagiscono sorpresi alcuni grandi esperti di scuola, ma non la maggioranza di chi ci vive e ci lavora: infatti noi sappiamo bene che nella scuola dilagano la maleducazione e lo scarso impegno.
E poi, c'erano da tempo tutti i segnali per ipotizzare che i professori avrebbero usato ampiamente lo strumento fornito loro dal nuovo corso ministeriale. Nelle varie inchieste la maggioranza dei docenti si era sempre dichiarata favorevole ai voti numerici e all'influenza del voto di comportamento sulla bocciatura. Malgrado le rettifiche dell'ultimo minuto, in cui il Miur specificava, a scanso di equivoci, che la bocciatura da cattivo comportamento era comunque riservata a situazioni di particolari gravità, comprovate da sospensioni di almeno quindici giorni, i professori hanno capito la vera richiesta sottintesa e hanno risposto senza mezzi termini.
Qui c'è poco scherzare: o abbiamo studenti pessimi, oppure professori nostalgici di altri regimi. La seconda ipotesi non regge (lo stesso Berlusconi ha sempre denunciato una prevalenza in cattedra di ex sessantottini e comunisti, non certo amici suoi), quindi dobbiamo prendere per buona la prima.
Ecco il tremendo segnale che ci mandano gli insegnanti: "Abbiamo una generazione di alunni indisciplinati, di bulli sfrontati che non riusciamo a tenere nei banchi. O ci aiutate, oppure usiamo e useremo quest'arma. Anzi, grazie per avercela data!"
E' terribile che debbano arrivare a questo, ma è ancora più terribile che nessuno sia mai intervenuto in loro aiuto, condannando la scuola a diventare, nei casi estremi, una specie di trincea.
I teorici della scuola negano le dimensioni del fenomeno, attribuendolo a poche aree geografiche o a rari casi circoscritti e citando l'esempio dei molti istituti virtuosi, poli d'eccellenza dove si studia in un'oasi di pace e di armonia e dove tutto funziona bene senza troppe discussioni né urla nei corridoi.
Qualche volta però quei signori farebbero bene a scendere un po' nella mischia. Provino a contaminarsi con la didattica disperata di certe classi, ormai diffuse in tutte le regioni italiane e non solo nei quartieri a rischio, dove una professoressa non può girarsi a scrivere sulla lavagna per il terrore di quello che può succedere alle sue spalle...
Perché un docente dovrebbe vergognarsi di dare un brutto voto a un alunno, se è meritato? E' questa tattica della vergogna e della negazione che ci ha portato all'emergenza educativa che ancora qualcuno si ostina a non riconoscere. Sarebbe bello non dover mai punire, mai rimproverare...Anch'io sono stata sempre contraria al voto usato in senso punitivo e ricattatorio, ma la realtà non è tanto idilliaca.
Poter dare qualche brutto voto sembra restituire ai docenti un minimo d'autorità, o meglio autorevolezza dopo anni in cui non hanno potuto fare altro che sopportare e nascondere in silenzio il cattivo comportamento degli alunni. Conosciamo benissimo la litania di tanti presidi e genitori: "La colpa è solo vostra, siete voi che non riuscite a interessare ed educare gli studenti! Se non sapete insegnare, statevene a casa!"
Mi dispiace molto dirlo, ma ho conosciuto anche insegnanti pronti a dare l'ostracismo ai colleghi, invece di dimostrarsi solidali e offrire loro un minimo d'aiuto.
Il burnout non esisterebbe e anche il bullismo sarebbe molto più sporadico se i vari ministri in carica non avessero avallato la prassi buonista di tollerare l'intollerabile, colpevolizzando e isolando i docenti "diversi" che non si adattavano all'andazzo.
La prima causa va cercata in questo lassismo imposto dall'alto; poi nella scarsa criticità che contraddistingue la nostra categoria, per formazione tendente al buonismo e al conformismo. Come tutti i buonisti, ci piace sembrare buoni ma non lo siamo e per questo siamo capaci di sottili cattiverie camuffate nei confronti di chi ci appare più esposto e vulnerabile: per esempio i colleghi veramente buoni, quelli meno esperti e meno forti di carattere, i nemici del preside, quelli in minoranza...Parlando di alunni, ci viene facile fare i rigorosi con i figli di nessuno, mentre se dobbiamo mettere una nota o un brutto voto a certi altri, be', meglio evitare...E' tipico l'atteggiamento di chi dichiara:"Con me i ragazzi si comportano bene, so farmi rispettare, IO!" anche se naturalmente non è affatto vero, lo dice solo per apparire più bravo dei colleghi e per non avere fastidi con le famiglie.
Infine vengono le colpe della società attuale, distratta da mille miti consumistici ma comunque ancora disposta a rispettare una scuola che vale e che sa difendere compatta i propri valori.
Ma noi insegnanti sappiamo ancora essere compatti? Abbiamo ancora valori comuni da sostenere? A volte ne dubito. Questo improvviso guizzo di severità è l'unico segno emergente da una classe docente abulica, sfinita, priva di motivazione.
Secondo alcuni il voto di condotta è un autentico obbrobrio, uno strumento anacronistico, punitivo e diseducativo. Certo, in assoluto dovrebbe essere così...in un ambiente ideale, se esiste...con studenti autodisciplinati, razionali, sereni, provenienti da contesti sociali evoluti...ma perché mai dovrebbe servire un brutto voto a ragazzi che ti ascoltano, ti lasciano parlare, sanno essere responsabili? Alunni così, figli così li vorremmo tutti, purtroppo però sono perle rare!
Prendiamo finalmente atto che abbiamo anche studenti difficili. Potremmo discutere per giorni sul fenomeno stabilendo una classifica delle cause, ma santo cielo, ammettiamolo una buona volta e soprattutto facciamo qualcosa al più presto, qualsiasi cosa in buona fede per risolvere questo problema!
Io con i miei figli non ho mai avuto conflitti violenti, per fortuna sono riuscita spesso a convincerli con il ragionamento, ma non è sempre così semplice. Ad ogni modo, ora che sono cresciuti mi domando se non avrei fatto meglio a usare un po' più di severità quando non studiavano; probabilmente quella sarebbe stata più efficace di tanti ragionamenti rimasti inascoltati.
Se un bambino si mette a spaccare i vetri di casa, senza ascoltarci, che cosa è più giusto fare? Dobbiamo forse non punirlo e lasciargli rompere tutto, col rischio che si possa ferire, o mandarlo in castigo? Da genitori, è amaro dover ammettere una soluzione tanto drastica come l'unica risorsa possibile, ma ci tocca.
Da docenti non possiamo certo andare fieri delle note disciplinari e delle insufficienze che ci troviamo costretti ad assegnare, ma rinunciare a darle per sembrare nobili e buoni sarebbe un atto diseducativo, egoistico e opportunistico. Ci salva la faccia, ma crea un danno enorme per la società. I ragazzini a cui tutto - o quasi - è permesso e perdonato si scontreranno certamente con la vita, che è molto più dura e selettiva. Quelli a cui, mentendo, abbiamo ripetuto che sono bravi, prima o poi scopriranno di non saper fare niente e allora per riscattarsi non troveranno molte alternative, o l'autodistruzione o la delinquenza.
Educare non è un facile: è una professione faticosa, qualche volta appagante, più spesso frustrante, che richiede un'integrità morale non comune. Chi non la possiede, chi cerca il posticino comodo o il consenso popolare, non dovrebbe occuparsi di scuola.
venerdì 6 marzo 2009
Fai il bravo, o la maestra ti darà...distinto
Image via Wikipedia
Nella scuola primaria il voto di comportamento è stato introdotto qualche anno fa dall'ex ministro Letizia Moratti. Nessuno ne parla perché è irrilevante, infatti è l'unico voto che il nuovo ministro Gelmini ci ha lasciato ancora esprimere con il vecchio sistema del giudizio da non sufficiente a ottimo.
Giustamente il Miur lo chiama giudizio di comportamento e non più voto di condotta, perché riguarda tutti gli aspetti della vita scolastica, quindi anche l' impegno e l'atteggiamento verso lo studio, la cura dei materiali, la frequenza delle lezioni e la regolarità del profitto.
In pratica però significa che un ragazzino turbolento, disturbatore e aggressivo, ma bravo nelle varie materie (oggi denominate "discipline curricolari"), non merita meno di distinto. Assurdo! Già così si capisce che questa valutazione serve a poco; oltretutto viene curata normalmente da un solo insegnante, quello che trascorre più ore con i ragazzi (in genere diciannove o venti contro le cinque o sei di matematica, le tre d'inglese e le due di religione). Non ho mai sentito un maestro prevalente dire che gli alunni tizio e caio si comportano male con lui! Le lamentele provengono sempre da chi nella classe entra per poche ore, ma in ogni caso finiscono inascoltate perché il prevalente non dà loro alcun peso.
Risultato: quasi tutti gli alunni prendono ottimo e distinto nel comportamento, in pratica è come se il maestro "di classe", o chi si sente tale, desse un voto a se stesso! Trovo questa procedura inutile per gli studenti, oltre che scorretta e umiliante per i poveri insegnanti che si vedono trattare da subalterni nel processo educativo.
L'organizzazione scolastica voluta dalle ministre Moratti e Gelmini, dando eccessivo potere a un solo maestro, ha incoraggiato la discriminazione fra colleghi di pari grado e dignità, se non addirittura più titolati del prevalente, come nel caso degli specialisti d'inglese che possiedono anche una preparazione glottodidattica e magari studi universitari.
Ma a parte le questioni paritarie fra docenti, non è neppure educativo per gli alunni, sia perché insegna loro false priorità disciplinari (prima viene l'italiano, poi la matematica, quindi la religione e poi tutto il resto), sia perché trasmette loro il concetto che un solo insegnante è degno di rispetto, mentre con gli altri, che non contano niente, potranno fare quello che vogliono.
A questo punto, veramente, sarebbe preferibile un solo maestro. Perché non realizzare classi ridotte di numero, ad esempio con dieci-quindici alunni e un maestro unico?
Si risolverebbe anche l'ingiustizia evidente fra chi si ritrova a lavorare con soli dieci bambini e chi invece con trenta, sessanta, centoventi, percependo sempre lo stesso stipendio.
Io resto comunque nostalgica della collaudata didattica modulare, che forse non era perfetta, a volte creava qualche disappunto e dissapore, ma in genere funzionava abbastanza bene, dando buoni risultati e distribuendo meglio le responsabilità all'interno del team.
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