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sabato 7 marzo 2009

Pioggia di cinque nella scuola secondaria




Siamo fatti così: ci sta franando una montagna addosso e ci preoccupiamo di spazzare la polvere sul pianerottolo.
Sta per abbattersi su di noi la scure dei tagli sugli organici, ma l'argomento sembra passato in sordina. Invece la notizia sulla pioggia di cinque elargiti dai professori nel primo quadrimestre riesce a sollevare vivaci polemiche.
Reagiscono sorpresi alcuni grandi esperti di scuola, ma non la maggioranza di chi ci vive e ci lavora: infatti noi sappiamo bene che nella scuola dilagano la maleducazione e lo scarso impegno.
E poi, c'erano da tempo tutti i segnali per ipotizzare che i professori avrebbero usato ampiamente lo strumento fornito loro dal nuovo corso ministeriale. Nelle varie inchieste la maggioranza dei docenti si era sempre dichiarata favorevole ai voti numerici e all'influenza del voto di comportamento sulla bocciatura. Malgrado le rettifiche dell'ultimo minuto, in cui il Miur specificava, a scanso di equivoci, che la bocciatura da cattivo comportamento era comunque riservata a situazioni di particolari gravità, comprovate da sospensioni di almeno quindici giorni, i professori hanno capito la vera richiesta sottintesa e hanno risposto senza mezzi termini.
Qui c'è poco scherzare: o abbiamo studenti pessimi, oppure professori nostalgici di altri regimi. La seconda ipotesi non regge (lo stesso Berlusconi ha sempre denunciato una prevalenza in cattedra di ex sessantottini e comunisti, non certo amici suoi), quindi dobbiamo prendere per buona la prima.
Ecco il tremendo segnale che ci mandano gli insegnanti: "Abbiamo una generazione di alunni indisciplinati, di bulli sfrontati che non riusciamo a tenere nei banchi. O ci aiutate, oppure usiamo e useremo quest'arma. Anzi, grazie per avercela data!"
E' terribile che debbano arrivare a questo, ma è ancora più terribile che nessuno sia mai intervenuto in loro aiuto, condannando la scuola a diventare, nei casi estremi, una specie di trincea.

I teorici della scuola negano le dimensioni del fenomeno, attribuendolo a poche aree geografiche o a rari casi circoscritti e citando l'esempio dei molti istituti virtuosi, poli d'eccellenza dove si studia in un'oasi di pace e di armonia e dove tutto funziona bene senza troppe discussioni né urla nei corridoi.
Qualche volta però quei signori farebbero bene a scendere un po' nella mischia. Provino a contaminarsi con la didattica disperata di certe classi, ormai diffuse in tutte le regioni italiane e non solo nei quartieri a rischio, dove una professoressa non può girarsi a scrivere sulla lavagna per il terrore di quello che può succedere alle sue spalle...
Perché un docente dovrebbe vergognarsi di dare un brutto voto a un alunno, se è meritato? E' questa tattica della vergogna e della negazione che ci ha portato all'emergenza educativa che ancora qualcuno si ostina a non riconoscere. Sarebbe bello non dover mai punire, mai rimproverare...Anch'io sono stata sempre contraria al voto usato in senso punitivo e ricattatorio, ma la realtà non è tanto idilliaca.
Poter dare qualche brutto voto sembra restituire ai docenti un minimo d'autorità, o meglio autorevolezza dopo anni in cui non hanno potuto fare altro che sopportare e nascondere in silenzio il cattivo comportamento degli alunni. Conosciamo benissimo la litania di tanti presidi e genitori: "La colpa è solo vostra, siete voi che non riuscite a interessare ed educare gli studenti! Se non sapete insegnare, statevene a casa!"
Mi dispiace molto dirlo, ma ho conosciuto anche insegnanti pronti a dare l'ostracismo ai colleghi, invece di dimostrarsi solidali e offrire loro un minimo d'aiuto.
Il burnout non esisterebbe e anche il bullismo sarebbe molto più sporadico se i vari ministri in carica non avessero avallato la prassi buonista di tollerare l'intollerabile, colpevolizzando e isolando i docenti "diversi" che non si adattavano all'andazzo.
La prima causa va cercata in questo lassismo imposto dall'alto; poi nella scarsa criticità che contraddistingue la nostra categoria, per formazione tendente al buonismo e al conformismo. Come tutti i buonisti, ci piace sembrare buoni ma non lo siamo e per questo siamo capaci di sottili cattiverie camuffate nei confronti di chi ci appare più esposto e vulnerabile: per esempio i colleghi veramente buoni, quelli meno esperti e meno forti di carattere, i nemici del preside, quelli in minoranza...Parlando di alunni, ci viene facile fare i rigorosi con i figli di nessuno, mentre se dobbiamo mettere una nota o un brutto voto a certi altri, be', meglio evitare...E' tipico l'atteggiamento di chi dichiara:"Con me i ragazzi si comportano bene, so farmi rispettare, IO!" anche se naturalmente non è affatto vero, lo dice solo per apparire più bravo dei colleghi e per non avere fastidi con le famiglie.
Infine vengono le colpe della società attuale, distratta da mille miti consumistici ma comunque ancora disposta a rispettare una scuola che vale e che sa difendere compatta i propri valori.
Ma noi insegnanti sappiamo ancora essere compatti? Abbiamo ancora valori comuni da sostenere? A volte ne dubito. Questo improvviso guizzo di severità è l'unico segno emergente da una classe docente abulica, sfinita, priva di motivazione.
Secondo alcuni il voto di condotta è un autentico obbrobrio, uno strumento anacronistico, punitivo e diseducativo. Certo, in assoluto dovrebbe essere così...in un ambiente ideale, se esiste...con studenti autodisciplinati, razionali, sereni, provenienti da contesti sociali evoluti...ma perché mai dovrebbe servire un brutto voto a ragazzi che ti ascoltano, ti lasciano parlare, sanno essere responsabili? Alunni così, figli così li vorremmo tutti, purtroppo però sono perle rare!
Prendiamo finalmente atto che abbiamo anche studenti difficili. Potremmo discutere per giorni sul fenomeno stabilendo una classifica delle cause, ma santo cielo, ammettiamolo una buona volta e soprattutto facciamo qualcosa al più presto, qualsiasi cosa in buona fede per risolvere questo problema!
Io con i miei figli non ho mai avuto conflitti violenti, per fortuna sono riuscita spesso a convincerli con il ragionamento, ma non è sempre così semplice. Ad ogni modo, ora che sono cresciuti mi domando se non avrei fatto meglio a usare un po' più di severità quando non studiavano; probabilmente quella sarebbe stata più efficace di tanti ragionamenti rimasti inascoltati.
Se un bambino si mette a spaccare i vetri di casa, senza ascoltarci, che cosa è più giusto fare? Dobbiamo forse non punirlo e lasciargli rompere tutto, col rischio che si possa ferire, o mandarlo in castigo? Da genitori, è amaro dover ammettere una soluzione tanto drastica come l'unica risorsa possibile, ma ci tocca.
Da docenti non possiamo certo andare fieri delle note disciplinari e delle insufficienze che ci troviamo costretti ad assegnare, ma rinunciare a darle per sembrare nobili e buoni sarebbe un atto diseducativo, egoistico e opportunistico. Ci salva la faccia, ma crea un danno enorme per la società. I ragazzini a cui tutto - o quasi - è permesso e perdonato si scontreranno certamente con la vita, che è molto più dura e selettiva. Quelli a cui, mentendo, abbiamo ripetuto che sono bravi, prima o poi scopriranno di non saper fare niente e allora per riscattarsi non troveranno molte alternative, o l'autodistruzione o la delinquenza.
Educare non è un facile: è una professione faticosa, qualche volta appagante, più spesso frustrante, che richiede un'integrità morale non comune. Chi non la possiede, chi cerca il posticino comodo o il consenso popolare, non dovrebbe occuparsi di scuola.
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