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martedì 10 marzo 2009

Valutare così oppure non valutare per niente

Promossa!Image by alecani via Flickr


















A scuola si discute molto sull'opportunità di esprimere i giudizi attraverso aggettivi numerali o qualificativi. Nell'immagine vediamo una pagella dell'epoca fascista con la terminologia "insufficiente, sufficiente, buono", analoga a quella che usavamo fino all'anno scorso ed abolita dal ministro Gelmini per ripristinare i voti da 0 a 10 della nostra infanzia.
La motivazione? I numeri sono più chiari, meno ambigui.
Anche secondo molti docenti, un cinque sarebbe più comprensibile di un "non sufficiente", espressione sicuramente tremenda dal punto di vista grammaticale...
Per analoghe ragioni, un otto peserebbe più di un generico distinto.
La conferma è arrivata puntualmente con le schede di valutazione del primo quadrimestre; pochissimi insegnanti si sono azzardati a usare i voti estremi, da zero a cinque, nove e dieci. Insomma, se con gli aggettivi qualificativi si poteva indorare la pillola, con i numerali è impossibile.
L'effetto spiazzante del voto numerico dipende dalla memoria collettiva: tutti abbiamo impresse nella mente le vecchie pagelle con i numeri scritti in inchiostro stilografico, perciò ricordiamo bene che i nove e i dieci erano molto rari, mentre gli zero, gli uno e i due erano quasi inesistenti nella scuola elementare. Meritare sei non scandalizzava nessuno, anzi rientrava nella norma. E' un bene o un male essere ritornati a quel tipo di valutazione? Difficile stabilirlo.
Certo, di mode ne sono passate tante! Chi non ricorda il giudizio globale degli anni ottanta oppure le A, B, C, D ed E degli anni novanta?
Qualunque sia il metodo usato, valutare gli alunni resta una delle imprese più complicate e delicate da affrontare per noi insegnanti. Non abbiamo ancora una preparazione adeguata; il termine "cultura della valutazione" fa sorridere alcuni noti pedagogisti di elevato spessore, ma intanto le notizie sulla pioggia di cinque in condotta, in matematica e lingue dimostra che il problema esiste e che dovremmo prenderlo sul serio.
Dopo decine di corsi "d'aggiornamento" sui temi più disparati, non abbiamo la minima idea del perché e del come sia giusto valutare gli studenti! Non dobbiamo meravigliarci, allora, se molti usano il voto come arma punitiva. Un'arma sicuramente arrugginita e spuntata...però l'unica esistente nello sfascio generale della scuola e delle istituzioni in genere.
Per quanto mi riguarda, abolirei completamente la valutazione nella scuola dell'obbligo! E' inutile, ipocrita e dannosa. Non c'è una corrispondenza tra il voto e le reali competenze possedute dagli alunni; siamo noi stessi ad affermare, paradossalmente, che il sei dato a Pierino non è la stessa cosa del sei dato a Giacomino...A seconda delle nostre vedute e delle nostre simpatie o antipatie, quel sei si allarga o si stringe! Ho sentito maestre affermare con candida crudeltà che "un bambino povero e di modeste capacità, ma studioso ed umile, merita di essere aiutato alzandogli il voto, mentre il ragazzino di famiglia agiata, viziato e fannullone anche se capace e intelligente, deve essere punito con voti bassi". Capita che il figlio di papà, indolente e tanto antipatico alla maestra ma pieno d'interessi e con una buona cultura generale, prenda sei in italiano come l'alunno disabile psichico che a malapena riesce a leggere sillabando sul libro di prima. Certo, bisogna aiutare chi non ce la fa, ma perché non aiutare chi a scuola si annoia? Perché diventare rigidi e punitivi proprio con quelli che dovremmo valorizzare e impegnare di più? Forse perché ci ricordano la nostra inadeguatezza, le nostre carenze? Sarà umano, ma non è degno di un educatore.
E' vero che il voto è relativo alla persona e agli obiettivi previsti; ma non è affatto facile comprenderlo per un ragazzino di nove anni e per i suoi genitori. Dovremmo spiegarglielo noi, se abbiamo le idee chiare...
Nella primaria non c'è omogeneità, chiarezza e trasparenza sulla valutazione; quando un bambino capisce che sarà promosso in ogni caso, e sente che il suo voto non corrisponde tanto alle sue competenze quanto piuttosto al giudizio (arbitrario) del maestro, si gettano le basi di una sfiducia nella scuola che nella secondaria potrà esplodere in ribellione e aperto rifiuto.
La scheda quadrimestrale in uso, secondo me, non ha alcuna giustificazione didattica ed è discutibile anche dal punto di vista educativo. In un post precedente ho scritto che il giudizio del comportamento è superfluo, anzi dannoso (vedi Fai il bravo, o la maestra ti metterà...distinto)
Non educa nessuno il giudizio globale che, mescolando psicologismo a buon mercato con osservazioni gratuite, pretende di definire in poche righe la personalità dell'alunno, il suo atteggiamento verso la scuola, le sue capacità...Assolutamente da abolire! Ci rendiamo conto che certe parole pesano come pietre? Un bambino può subire un trauma enorme dall'essere descritto in modo poco lusinghiero; a quel punto, è preferibile un cinque in storia a un eufemismo dal quale si deduce che è un incapace. Il cinque può essere superato studiando di più, ma la cattiva opinione del maestro brucia come una ferita. Scripta manent, purtroppo: quel giudizio sarà letto anche dai professori della scuola secondaria inferiore (e meno male che non c'è il portfolio, altrimenti lo perseguiterebbe fino al liceo).
Sostenere che i brutti voti sono una vergogna per i professori, i quali dichiarano così di non saper svolgere il loro mestiere, è vero solo in parte.
Ci sono classi in cui, per riuscire a insegnare, ci vuole una forza spaventosa.
Ci sono anche professori inetti, sprovvisti di una metodologia adeguata ai tempi; questa, però, è una responsabilità di chi li ha messi in cattedra senza fornire loro una valida preparazione e senza selezionare i più adatti.
L'insegnamento non è un mestiere facile, di ripiego, tanto per acchiappare un posticino comodo e uno stipendio fisso: richiede doti comunicative, empatia, forza di carattere, moralità elevata. Possedere una laurea specialistica non significa automaticamente avere queste capacità, che non dipendono dalla cultura ma sono in gran parte innate e in parte sviluppate dall'ambiente sociale e dall'educazione ricevuta.
Per fortuna ci sono anche molti bravi professori, comunque oggi non è facile per nessuno conquistare l'attenzione e la fiducia di studenti attratti da altri interessi. Nella primaria si comincia già a lottare contro i cellulari, i messaggini e le riprese video nei bagni...figurarsi nella secondaria!
Di fronte a una società in disgregazione che disprezza la cultura, serve una riforma massiccia della scuola a tutti i livelli...siccome non è certo un compito facile, preferiamo assumere un atteggiamento autoritario, ma non ci illudiamo che possa bastare! I ragazzi "dispersi" delle zone a rischio non torneranno certo sui banchi per timore della bocciatura o di qualche cinque, il loro malessere è molto più profondo! Forse otterremo qualcosa in altri ambienti meno degradati.
Cosa fare, allora? Vedo due fronti su cui potremmo lavorare, solo che per il secondo ci serve l'aiuto concreto delle istituzioni.
Primo fronte: cambiare il nostro atteggiamento verso la valutazione. Né buonismo né pugno di ferro.
Poi strutturare diversamente le lezioni.
La scheda attuale potrebbe essere sostituita con vantaggio da test a punteggio; a patto che, poi, chi non supera tutte le prove sia obbligato a seguire uno o più percorsi di recupero, nell'ottica dei gruppi di livello e della scuola sempre aperta. Certo che, se i corsi di recupero diventano una buffonata, tanto vale non cominciare neppure.
In alcuni istituti ancora si perpetua il mito della classe anagrafica minacciando gli alunni con lo spauracchio della bocciatura; ripetere l'anno è considerato un marchio, una patente d' incapace...in quegli ambienti non è neppure concepibile costituire gruppi composti da bambini di diversa età e analoghe competenze, perché sarebbero rifiutati dai genitori e dagli stessi studenti. Se poi si pretende di tenere la scuola aperta solo di mattina e se si eliminano le compresenze, non si potrà mai recuperare nessun disagio e nessuna impreparazione. Parlo degli alunni stranieri ma anche di quelli italiani!
Secondo fronte: rinnovare le strutture, accogliere e usare le nuove tecnologie.
Una scuola accogliente e non nemica dovrebbe offrire ai ragazzi molte attività interessanti, basate sull'uso delle tecnologie audiovisive e informatiche (che meraviglia avere un computer su ogni banco...) ed anche corsi di musica, arte e scienze naturali, educazione fisica. La lezione frontale basata sui bla bla non conquista più i giovani! I docenti, soprattutto quelli delle superiori dovrebbero prepararsi all'uso frequente delle tecnologie: lavagne interattive, proiezioni di video storici, cd multirom per le lingue, ecc. Quanto costa? Molto. Più di quanto il Miur sia disposto a spendere. Si potrebbe risparmiare su mille spese inutili, ma nessuno lo vuole.
La realtà è molto più squallida: banchi vecchi e rotti, mancanza di gessi e carta, fotocopiatrici che un giorno funzionano e tre no, aule strette e affollate, cornicioni che crollano...
Senza sognare l'irreale, possiamo provare a impegnarci sul primo fronte, più vicino alle nostre possibilità.
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