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Nella scuola primaria il voto di comportamento è stato introdotto qualche anno fa dall'ex ministro Letizia Moratti. Nessuno ne parla perché è irrilevante, infatti è l'unico voto che il nuovo ministro Gelmini ci ha lasciato ancora esprimere con il vecchio sistema del giudizio da non sufficiente a ottimo.
Giustamente il Miur lo chiama giudizio di comportamento e non più voto di condotta, perché riguarda tutti gli aspetti della vita scolastica, quindi anche l' impegno e l'atteggiamento verso lo studio, la cura dei materiali, la frequenza delle lezioni e la regolarità del profitto.
In pratica però significa che un ragazzino turbolento, disturbatore e aggressivo, ma bravo nelle varie materie (oggi denominate "discipline curricolari"), non merita meno di distinto. Assurdo! Già così si capisce che questa valutazione serve a poco; oltretutto viene curata normalmente da un solo insegnante, quello che trascorre più ore con i ragazzi (in genere diciannove o venti contro le cinque o sei di matematica, le tre d'inglese e le due di religione). Non ho mai sentito un maestro prevalente dire che gli alunni tizio e caio si comportano male con lui! Le lamentele provengono sempre da chi nella classe entra per poche ore, ma in ogni caso finiscono inascoltate perché il prevalente non dà loro alcun peso.
Risultato: quasi tutti gli alunni prendono ottimo e distinto nel comportamento, in pratica è come se il maestro "di classe", o chi si sente tale, desse un voto a se stesso! Trovo questa procedura inutile per gli studenti, oltre che scorretta e umiliante per i poveri insegnanti che si vedono trattare da subalterni nel processo educativo.
L'organizzazione scolastica voluta dalle ministre Moratti e Gelmini, dando eccessivo potere a un solo maestro, ha incoraggiato la discriminazione fra colleghi di pari grado e dignità, se non addirittura più titolati del prevalente, come nel caso degli specialisti d'inglese che possiedono anche una preparazione glottodidattica e magari studi universitari.
Ma a parte le questioni paritarie fra docenti, non è neppure educativo per gli alunni, sia perché insegna loro false priorità disciplinari (prima viene l'italiano, poi la matematica, quindi la religione e poi tutto il resto), sia perché trasmette loro il concetto che un solo insegnante è degno di rispetto, mentre con gli altri, che non contano niente, potranno fare quello che vogliono.
A questo punto, veramente, sarebbe preferibile un solo maestro. Perché non realizzare classi ridotte di numero, ad esempio con dieci-quindici alunni e un maestro unico?
Si risolverebbe anche l'ingiustizia evidente fra chi si ritrova a lavorare con soli dieci bambini e chi invece con trenta, sessanta, centoventi, percependo sempre lo stesso stipendio.
Io resto comunque nostalgica della collaudata didattica modulare, che forse non era perfetta, a volte creava qualche disappunto e dissapore, ma in genere funzionava abbastanza bene, dando buoni risultati e distribuendo meglio le responsabilità all'interno del team.
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