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lunedì 29 dicembre 2008

Babbo Natale non esiste

babbo_nataleImage by Axell [www.axellweb.com] via Flickr













Ogni anno qualcuno inveisce contro il povero Babbo Natale.
La motivazione è che si tratta solo di una diabolica invenzione del consumismo anglosassone, non insegna niente di buono ai bambini, perciò è meglio tornare al vecchio presepe di cartapesta con Gesù Bambino nudo nella culla, trasmettendo ai nostri piccoli gli unici veri valori, cioè la fede cristiana. Quest'anno è toccato al parroco di Garlasco, se non ricordo male, salire agli onori delle cronache per le sue esternazioni anti-Babbo.
Purtroppo il tenero Bambinello bianco, livido di freddo nei suoi poveri stracci, oggi ha la vita dura se confrontato con le luci scintillanti delle vetrine, gli alberi splendenti e i doni; l'immagine del vecchio vestito di rosso, un buon vecchio nonno gioviale e sovrappeso che vola nel cielo sulla slitta carica di pacchi, è molto più affascinante.
In ogni caso, è una preoccupazione inutile: i bambini ci credono per così poco tempo...è così breve l'infanzia, oggi più che mai. Quando non ci crederanno più, avranno perso per sempre la capacità di sognare e gli resterà solo la vita.
D'altra parte non esistono neppure Biancaneve, Cappuccetto Rosso, Pinocchio, ma noi pur sapendolo raccontiamo continuamente di loro ai nostri figli, nipotini e alunni con ricchezza di particolari. Crescendo leggeranno l'Iliade e l'Odissea, impareranno i miti omerici, le vicende dei Promessi Sposi, la Divina Commedia, la Gerusalemme liberata..(!)
Ripensandoci, forse sarebbe meglio dare ai nostri ragazzi un'educazione più concreta e realistica...
Niente favole, niente sogni, niente miti e leggende, il saggio Platone sarebbe d'accordo. Solo la dura, sana realtà; peccato che comprenda, oltre alla Sacra Famiglia e agli angeli in coro, la guerra in Palestina, i cocainomani che investono i passanti, il narcotraffico, l'Aids, la pedofilia, lo tsunami, le faglie sismiche, i farmaci contraffatti, ecc. ecc. I giornali ne sono pieni, i notiziari televisivi pure.
Babbo Natale non esiste, è un imbroglio: e i bambini non si devono mai imbrogliare...Giusto, nooooo?
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Articolo 4, la scuola primaria

Leggiamo la parte del regolamento attuativo del 22 dicembre che riguarda la scuola primaria:
Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n.133”

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Articolo 4 – Scuola primaria

1. Sono iscritti alla scuola primaria le bambine e i bambini che compiono sei anni di età entro il 31 dicembre dell’anno scolastico di riferimento.

2. Possono, altresì, essere iscritti alla scuola primaria, su richiesta delle famiglie, le bambine e i bambini che compiono sei anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.

3. Il tempo scuola della primaria è svolto ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, secondo il modello dell’insegnante unico che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze, e secondo le differenti articolazioni dell’orario scolastico settimanale a 24, 27, e sino a 30 ore, nei limiti delle risorse dell’organico assegnato; è previsto altresì il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno. Tali articolazioni riguardano a regime l’intero percorso della scuola primaria e, per l’anno scolastico 2009-2010, solo le classi prime, tenendo conto delle specifiche richieste delle famiglie.

Qualora il docente non sia in possesso degli specifici titoli previsti per l’insegnamento della lingua inglese e dei requisiti per l’insegnamento della religione cattolica, tali insegnamenti sono svolti da altri docenti che ne abbiano i titoli o i requisiti.

4. Le classi successive alla prima continuano a funzionare, dall’anno scolastico 2009-2010 e fino alla graduale messa a regime del modello previsto dal precedente comma 3, secondo i modelli orario in atto:

a) 27 ore, corrispondenti all’orario di insegnamento di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo, n. 59 del 2004, con esclusione delle attività opzionali facoltative di cui al comma 2 del medesimo articolo, senza compresenze;

b) 30 ore comprensive delle attività opzionali facoltative, corrispondente all’orario delle attività di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo, n. 59 del 2004, senza compresenze e nei limiti dell’organico assegnato per l’anno scolastico 2008/2009;

c) 40 ore corrispondenti al modello di tempo pieno, nei limiti dell’organico assegnato per l’anno scolastico 2008/2009 senza compresenze.

5. Le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia e sulla base delle richieste delle famiglie e fermo quanto disposto ai commi precedenti, adeguano i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e ai piani di studio allegati al decreto legislativo n. 59 del 2004, come aggiornati dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 31 luglio 2007, pubblicato nel supplemento ordinario n. 198 alla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 228 del 1° ottobre 2007.

6. La dotazione organica di istituto è determinata sulla base del fabbisogno del personale docente necessario per soddisfare l’orario delle attività didattiche; relativamente alle classi funzionanti secondo il modello previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2008, n. 169, la dotazione è fissata in 27 ore settimanali. La dotazione medesima tiene conto altresì dell’integrazione degli alunni disabili e del funzionamento delle classi a tempo pieno secondo l’articolazione prevista dal successivo comma 7.

7. Le classi a tempo pieno secondo il modello di cui al comma 3, sono attivate a richiesta delle famiglie, sulla base di specifico progetto formativo integrato e delle disponibilità di organico assegnate, nonché in presenza delle necessarie strutture e servizi. Per la determinazione dell’organico di dette classi è confermata l’assegnazione di due docenti per classe, eventualmente coadiuvati da insegnanti di religione e di inglese in possesso dei relativi titoli o requisiti. A livello nazionale rimane confermato il numero dei posti attivati complessivamente, a tal fine, per l’anno scolastico 2008/2009. Le maggiori disponibilità di orario derivanti dalla presenza di due docenti per classe rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno sono utilizzate per la costituzione dell’organico d’istituto. Per il potenziamento quantitativo e qualitativo del servizio del tempo pieno sul territorio sono attivati piani pluriennali sulla base di intese con le rappresentanze dei comuni, precedute da un accordo quadro con le autonomie locali in sede di Conferenza Unificata.

8. Qualora non sia possibile procedere alla aggregazione delle ore disponibili nei plessi della medesima istituzione scolastica, sono costituiti posti di insegnamento anche con orario inferiore a quello d’obbligo.

Se interpreto bene, dato che il testo è nebuloso, l'abolizione delle compresenze porterà di fatto a una modifica sostanziale anche nelle classi successive alla prima, dove il comma 4 garantisce che continueranno a funzionare secondo i modelli orario già adottati. Nel senso che l'orario resterà tale, ma non l'organizzazione didattica.

Se oggi in una classe lavorano una maestra prevalente con venti ore, una di matematica con cinque, una specialista d'inglese con tre ore e una maestra di religione con due, per un totale di trenta ore settimanali, da settembre non sarà più possibile. Infatti la prevalente dovrà avere ventidue ore, senza compresenze, e non resterà spazio per le altre, a meno che non si riduca l'orario d'inglese a due ore e religione ad una, ma non credo sia attuabile (quante classi dovrebbe avere una specialista per raggiungere le 22 ore?).

Comunque, la maestra di matematica dovrebbe lavorare in quattro classi o cinque per poter evitare le compresenze, perciò ogni cinque classi ci sarebbero sei insegnanti, non uno di più.

CLASSE PRIMA - Una sola maestra per tutte le materie, più eventualmente una specialista d'inglese e una di religione = 24 o 27 ore, ma di certo non 30!
CLASSE SECONDA - Una maestra prevalente per 22 ore, inglese e religione per un totale di 27 ore
oppure
una maestra prevalente per 22 ore, matematica 5, inglese 2 e religione 1 = 30 ore (in forse per la religione)
E' CHIARO CHE L'UNICO MODELLO APPLICABILE SENZA PROBLEMI E' QUELLO DELLE 27 ORE anche per le classi successive, dove l'inglese dovrebbe salire a 3; ma accettando pure le 2 ore (già volute dalla Moratti) resta il problema delle insegnanti di religione. Nessuna specialista può avere lezioni di un'ora, le servirebbero 22 classi, e in quante sedi? Non credo che si potrà arrivare a tanto.
D'altra parte anche la riduzione dell'inglese comporterebbe problemi per le cattedre specialistiche di lingua straniera, là dove ancora sopravvivono: infatti servirebbero 12 classi per raggiungere le 22 ore, con la necessità di lavorare in due circoli diversi nei centri medio-piccoli. Certo nessuno vuole favorire le cattedre d'inglese, anzi si preme per la loro soppressione, ma è comunque un punto da considerare per le difficoltà che nasceranno a settembre. Mantenere l'orario a 30 ore o scendere a 27 non sarà una scelta neutrale, comporterà riduzioni di organico e si dovrà scegliere se sacrificare gli specialisti o i maestri comuni. In un modo o nell'altro, il ministro Gelmini esige i suoi sospirati tagli.

24, 27, 30: che trovata originale

Parliamo sempre di orari nella scuola primaria.
Il nostro pittoresco e creativo paese è ormai rinomato per la sua capacità di distinguersi con idee originali e spassose.
Spassose naturalmente per chi ci osserva dall'estero, perché noi all'interno abbiamo poca voglia di ridere.
L'ultima è quella di modificare l'orario della scuola elementare - fin qui niente di tanto strano, anche se l'idea pare discutibile - ma non in tutte le sedi, a macchia di leopardo, facendo scegliere il modello ai genitori...
In pratica potrebbero coesistere, nello stesso istituto, classi di bambini che entrano alle otto e alle otto e trenta, uscendo chi alle dodici e trenta chi all'una. Anzi, alcuni potrebbero fermarsi nel pomeriggio e avere la settimana corta. Alcuni avrebbero una sola maestra per sei giorni la settimana, altri ne avrebbero due, tre o anche quattro.
Se qualcuno capisce il senso di queste modifiche, a parte l'estrema urgenza di risparmiare eliminando cattedre e personale Ata, me lo spieghi, per favore.
Io vedo solo che la scuola pubblica, la primaria in particolare, sta subendo un attacco gravissimo. E' già malmessa (no, non dite che le cose finora andavano bene perché sapete di mentire) però, malgrado l'incuria dell'amministrazione, si regge ancora in piedi grazie alla dedizione delle maestre e dei maestri. Ci sono insegnanti che curano gli alunni come madri, o padri, si portano da casa perfino il sapone e i gessi colorati, pagano le fotocopie di tasca propria, spengono le luci e chiudono le finestre per non consumare troppa energia. Per queste persone non c'è abbastanza posto; l'economia si fa sulla loro pelle e su quella dei bambini.
Lo stato spende troppo per gli stipendi...Perché allora non cerca di ridurre le spese superflue, come le miriadi di progetti aggiuntivi che drenano finanze pubbliche in ogni circolo didattico, comprese le commissioni e le "funzioni" o "figure"- obiettivo, utili solo a riempire il portafogli dei soliti pochi docenti (sempre gli stessi!)? Siamo arrivati al paradosso che mancano i fondi per acquistare una fotocopiatrice nuova, ma si trovano migliaia di euro per compensi aggiuntivi ai docenti (solo ad alcuni, però).
Troppi maestri costano, è vero, ma seguendo la stessa logica, ci sono anche troppi professori nella scuola media! Dato che un laureato in lettere ha studiato storia e geografia, facciamogli insegnare tutte le materie umanistiche e perché no, anche l'inglese. e il francese...si risparmierebbe parecchio, non vi pare? Tre professori bastano e avanzano: uno per l'area umanistica, un altro per quella scientifica, un terzo per l'arte e lo sport. Anche perché ormai tutto è a livello libresco, non si impara più a disegnare, cantare e suonare, ma si studia storia dell'arte, storia della musica, educazione tecnica; la ginnastica spesso si fa in cortile giocando a pallone. Che ne dite? Un'eresia? E' proprio quello che dico anch'io. In fondo è lo stesso principio che si vuole applicare nella scuola elementare: la semplificazione, anzi...l' essenzialità. Diamo il minimo, sarà sempre troppo...
E' vero che nella primaria le discipline non sono approfondite come nella secondaria, ma ciò non vuol dire che non richiedano una preparazione approfondita da parte dei docenti, perché per insegnare cose semplici ed essenziali bisogna conoscerle perfettamente nei minimi particolari.

venerdì 26 dicembre 2008

Ma quale orario scegliere?

Non è assolutamente chiaro cosa succederà il prossimo anno. In particolare, non si è capito cosa vuole farci fare la signora Gelmini, molto contraddittoria e confusa (almeno nelle sue dichiarazioni, perché credo che in realtà sappia benissimo dove ci vuole portare).
A un giornalista ha detto che il maestro unico avrà un orario di 22 ore settimanali e le altre due ore per arrivare a 24 saranno coperte da un non meglio identificato specialista (di religione? d'inglese?), quindi per logica deduciamo che non ci sarà un maestro unico.
Contemporaneamente ha affermato che, se un maestro ha i titoli per insegnare inglese e religione, potrà coprire da solo tutte le 24 ore, ma tale orario dovrà essere scelto dalle famiglie. In pratica, chi può e vuole fare il maestro unico, deve ricevere il permesso dai genitori. E' già una farsa.
Nel caso in cui al maestro manchino i requisiti per religione e inglese, le famiglie devono per forza optare per la settimana di 27 ore con tre maestri: un prevalente per 22 o 24 ore - non è ben chiaro - più due specialisti, ma non si sa per quante ore; nessuno dice se l'inglese resterà com'è adesso (1 ora in prima, 2 ore e 1/2 in seconda e in terza e 3 in quarta e quinta) o se sarà ridotto a due ore, idem per religione che adesso è 2 ore in ogni classe ma potrebbe scendere a 1 ora.
Quanto alle 30 ore, come gestirle resta un assoluto mistero perché sappiamo che non ci dovranno essere compresenze e che si dovranno utilizzare solo i maestri a disposizione in organico. Ma come fare? In prima sarà impossibile adottare tale modello. Assodato che il maestro prevalente non può superare le 24 ore, aggiungendo 1 ora d'inglese e 2 di religione si arriva a 27: se la matematica non è un'opinione rimangono scoperte 3 ore, a meno che non si attribuiscano agli specialisti.
Nelle classi successive alla prima, i regolamenti permettono di mantenere l'attuale orario di 30 ore, ma il secondo maestro non ci sta più dal momento che è abolita la compresenza: quindi 22 ore col prevalente, 3 d'inglese, 2 di religione e avanzano sempre 3 ore. O solo 1 e 1/2 se il prevalente ne fa 24.
Ritengo che in molte scuole sarà adottato il modello di 27 ore perché è l'unico attuabile senza difficoltà.
Lo schema del maestro unico per 24 ore non sarà molto diffuso, ammesso che le famiglie lo richiedano, perché pochi maestri hanno i requisiti per inglese e religione. Ma poi, perché i genitori dovrebbero volere un orario ridotto e un solo docente per i loro bambini?
Da notare comunque la disparità fra chi dovrà insegnare tutte le materie in 24 ore e chi invece potrà prendersela più comoda con 22 o 24 ore solo per le discipline classiche, lasciando ad altri inglese e religione.
E questo senza considerare le gravi conseguenze didattiche per gli alunni, costretti a ridurre il loro tempo scuola e a studiare in meno ore, sempre con lo stesso insegnante, più stanco e stressato se non addirittura meno esperto.
Sappiamo che negli ultimi vent'anni i maestri si erano specializzati nel loro ambito disciplinare, ma con questa "riforma" le loro competenze saranno sprecate. Tanta esperienza andrà perduta ed è un vero peccato.
E' veramente assurdo.
Non posso credere che questo colossale pasticcio sia definito "riforma".
Aspettiamoci altri regolamenti attuativi entro febbraio.

giovedì 25 dicembre 2008

Come volevasi dimostrare

La sorpresina natalizia dal ministero è arrivata. C'era d'aspettarsela, naturalmente. I primi regolamenti attuativi hanno fatto luce sulle vere intenzioni della Gelmini e del suo staff: attuare la riforma Moratti risparmiando sulle spese per il personale. Così siamo definiti, personale.
Mentre la riforma della secondaria è stata rimandata al prossimo anno e la scuola dell'infanzia rimarrà invariata, la scuola primaria come al solito sarà la più tartassata: dovremo sopportare i primi cambiamenti già a settembre e le conseguenze si sentiranno a febbraio, al momento delle iscrizioni (posticipate di un mese), quando le famiglie saranno costrette a scegliere l'orario per le prime classi.
Già, perché la signora Gelmini non molla: la via del maestro unico attualmente non è proponibile, ma lei insiste. Il risparmio derivante dai tagli sul personale fa troppa gola.
Non credo che saranno molte le nuove classi prime ad adottare il nuovo orario ridotto a ventiquattro ore settimanali, se non altro perché è requisito indispensabile che il maestro o la maestra siano abilitati a insegnare l'inglese; infatti la compresenza è stata abolita, quindi ogni maestra dovrà effettuare non meno di ventidue ore frontali in una sola classe, aumentabili a ventiquattro se ha anche il titolo per insegnare religione. Per il momento non sono tantissimi i maestri in queste condizioni, ma la Gelmini conta di portarceli tutti entro il 2011-2012, obbligandoli a frequentare corsi di lingua (di durata triennale, ma dopo il primo anno si può già insegnare l'inglese in prima...).
Il tempo pieno, dove c'è può anche restare, per gentile concessione, della signora ministro, ma non pensate che sarà come quello attuale! Tornerà il modello di vent'anni fa: lezioni normali di mattina e attività integrative nel pomeriggio, insomma, il vecchio doposcuola.
Infine non è chiaro come sarebbero organizzate le lezioni nel caso in cui si scegliessero 30 ore settimanali. I regolamenti parlano di 27 ore, cioè 24 ore curricolari più tre opzionali (i laboratori della Moratti), nelle classi in cui devono entrare gli specialisti d'inglese e religione: i conti tornano, perché 22 ore con la maestra prevalente più 3 d'inglese e 2 di religione fanno appunto 27.
Ma per le trenta ore, ovviamente non può bastare una sola maestra affiancata da due specialisti, perché restano scoperte tre ore. Chi le dovrebbe svolgere? E come? Sarà lasciata libertà di organizzazione alle singole scuole? C'è un controsenso: il ministro dice che le 30 ore si potranno scegliere a patto che l'organico della scuola lo consenta, insomma se già le maestre ci sono; praticamente nella maggioranza dei casi!
Altro problema: le classi diverse dalla prima, che faranno, resteranno con le trenta ore? A parte i problemi d'orario che si creeranno, mi chiedo: se il modulo è abolito, potrà comunque restare la maestra di matematica che affianca la prevalente?
E poi, perché le famiglie dovrebbero volere un orario di 24 ore, che costringe i bambini a entrare più tardi e uscire prima? E se c'è una maestra in grado di insegnare tutte le materie, ma le famiglie desiderano un orario più lungo , resteranno lo stesso gli specialisti d'inglese e religione? Mi pare un guazzabuglio insensato. Altro che riforma, questo è un pasticcio.
Un bel regalo natalizio del quale dobbiamo essere grati all'attuale governo.

domenica 14 dicembre 2008

La marcia indietro del ministro Gelmini

Due giorni fa, esattamente venerdì 12 dicembre, i giornali pubblicavano trionfali notizie riguardanti la scuola primaria: il maestro unico è finito, il tempo pieno è salvo!
Per la verità qualche buona nuova c'è: le piccole scuole con meno di cinquanta alunni non dovranno per forza chiudere (non per l'immediato futuro, almeno), sono confermati i due docenti nel tempo pieno e il rapporto uno a due nel sostegno, non sarà aumentato il numero massimo di alunni per classe e soprattutto le famiglie potranno scegliere, solo per i figli che frequenteranno la prima dal prossimo settembre, un orario di ventiquattro, ventisette, trenta o quaranta ore settimanali.
Mi sembra un bel passo indietro, se vogliamo una correzione di rotta, anche se il ministro Gelmini dichiara orgogliosamente e testardamente di non aver ceduto alle "proteste della sinistra" (come se a protestare e scioperare non fosse stato il 70% degli insegnanti, ma solo una manica di rivoluzionari rossi).
Leggete il testo di questa intervista al quotidiano La Stampa dal titolo esplicativo: "Gelmini: Quante bugie! Nessun dietrofront sul maestro unico"
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scuola/grubrica.asp?ID_blog=60&ID_articolo=866&ID_sezione=255&sezione=
Comunque leggendolo una certa confusione rimane, e non promette niente di buono... Infatti non si capisce se, nel caso delle ventiquattro ore, ci sarà un solo maestro a insegnare tutte le materie. Se l'orario di servizio di un docente è di 22 ore, come dice il ministro ed anche la normale logica matematica, sembra automatico che le altre due ore debbano essere coperte da un altro ...uno di "quegli specialisti" non meglio identificati tra inglese e religione, però inglese mi pare difficile perché sono più di due ore la settimana, un'ora in prima classe e poi due e mezzo e tre nelle classi successive. In altri articoli ho letto che si potrà avere l'orario di 24 ore solo se il maestro ha titolo per insegnare tutte le materie compreso l'inglese e la religione: diversamente si dovrà optare per le ventisette o le trenta ore. Assurdo! In pratica, il maestro unico può fare tutto in ventiquattro ore, ma tre maestri no. Significa che nelle ventisette ore (parliamo di prima classe) il maestro prevalente avrà ventiquattro comode ore a disposizione per italiano, matematica e storia, mentre il maestro unico ne avrà solo ventuno, dovendo fare spazio a religione e inglese. C'è qualcosa che non mi torna. E quando le cose non sono chiare, sospettare l'inghippo è assolutamente doveroso.
Occhi aperti!
Come andrà finire, non si sa. E poi, immaginate la confusione se i genitori delle varie classi vorranno orari diversi...i bambini di prima entreranno alle otto e mezzo e usciranno alle dodici e mezzo, quelli di terza magari entreranno alle otto per uscire all'una e quelli di quinta invece faranno il tempo pieno! Ma dico, si può sostenere una simile proposta?
Vogliamo proprio far ridere i polli con queste idee balzane. Fra l'altro bisogna fare i conti con le finanze dei vari comuni: sono loro che devono sostenere e organizzare i trasporti, il riscaldamento, la pulizia e le mense scolastiche. Sicuramente in molte piccole realtà non si potrà attuare il tempo pieno, nel sud probabilmente resteranno le ventisette o trenta ore, mentre la scelta delle ventiquattro non sarà poi così diffusa, perché è difficile far coincidere la richiesta delle famiglie con la contemporanea disponibilità di docenti qualificati per tutte le materie.
Stiamo a vedere; intanto la Gelmini non parla di tempo pieno classico, ma di tempo scuola antimeridiano e doposcuola nel pomeriggio...roba da inorridire, nel 2008 ancora dobbiamo sentire questo termine, mia nonna nata nell'ottocento era più all'avanguardia.
Un consiglio ai naviganti: teniamo gli occhi bene aperti perché per il 18 dicembre, cioè giovedì della prossima settimana, è prevista l'emanazione delle prime norme attuative. Non si sa mai che ci arrivi qualche sorpresina natalizia, dopo quella di agosto, dato che al governo piacciono i regali per le feste...

sabato 8 novembre 2008

Il maestro, anzi la maestra unica divide gli italiani

Maestra lou
I sondaggi dicono che sul tema della maestra unica gli italiani adulti sono divisi a metà tra favorevoli e contrari. Dico maestra e non maestro perché noi insegnanti femminucce siamo in sfacciatissima maggioranza sui maschietti, quindi suona un po' ridicolo usare il genere maschile, o perlomeno appare ipocrita.
C'è chi rimpiange la signora o signorina maestra vecchio stampo, con lo scialle e la bacchetta, seduta alla grande cattedra rialzata dieci centimetri da terra, in un'aula piena di pizzi, statuine sacre, icone e fiori finti.

C'è chi preferisce una scuola più moderna e informale, magari con diversi insegnanti specializzati che riescono ad approfondire meglio le varie materie e ad interessare di più i bambini.
Infine c'è la via di mezzo, scelta dai moderati che desiderano tornare alla serietà e al rigore senza riesumare fossili.
Io appartengo a questa categoria, anche per via dell'età non più giovanissima.
Insomma, credo in un fare scuola attivo, coinvolgente, ma nel rispetto delle norme di civile convivenza: non accetterò mai la confusione infernale, gli strilli, i banchi volanti e i posteriori nudi al vento che alcuni pretendono d'impormi in nome di una libertà non meglio motivata.
Trovo giusto che i bambini abbiano, almeno nei primi anni scolastici, regole chiare e riferimenti precisi; comunque, non esageriamo! Perché mai avrebbero bisogno di una sola figura adulta? Nelle famiglie normali i genitori sono due e i nonni quattro, per non parlare degli zii, quindi i piccoli prima di arrivare a scuola sono già in rapporto con diverse figure educative ed è proprio questo pluralismo a favorire la loro crescita. Non a caso, i bambini vissuti in ambienti isolati, troppo in simbiosi con la mamma, dimostrano difficoltà nei rapporti interpersonali e sociali e spesso anche ritardo nello sviluppo psico-fisico.
Sono gli adulti, diciamo pure certi adulti, a voler detenere l'esclusiva...forse perché è più comodo non doversi confrontare con altri colleghi. Essere l'unica fonte di sapere per gli alunni, comporta una grande responsabilità, ma anche l'appagamento del potere.
I bambini, secondo i sondaggi, preferiscono avere tante maestre: le loro motivazioni suonano molto candide ed esplicite...Chi dice: "è noioso dover vedere sempre la stessa faccia" e chi: "una sola maestra non può sapere tutto ed essere brava in tutto". I bambini, come spesso succede, hanno ragione.
Una sola maestra e per di più negli anta, non potrà dare, in ventiquattro ore, quello che cinque maestre danno in trenta: a meno che non ci si limiti al dettatino, al riassuntino, al capitoletto di storia condensata, alle tabelline e alle operazioni in colonna: giganteschi passi indietro.
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lunedì 3 novembre 2008

IL DECRETO GELMINI, ovvero come raggirare quei cretini della scuola dell'obbligo

Il decreto 137 della Gelmini è legge.
Ormai è fatta. Siamo infarinati e fritti. Quello che più mi dispiace è che potevamo almeno lottare, invece ci siamo comportati da qualunquisti! Non si doveva neanche riaprire la scuola il quindici settembre (parlo per la Calabria), ma noi no, sempre a fare i perfettini. Siamo così presi dal nostro gioco che non ci accorgiamo neppure quando siamo presi in giro! Perché di questo si tratta, una presa in giro colossale. Il governo fa giri di valzer, smentisce, controsmentisce, ma i fatti parlano chiaro: dal prossimo settembre nelle classi prime ci dovrà essere un solo maestro, anzi maestra, data la prevalenza del sesso debole; il tempo pieno - bontà loro - è ancora permesso, ma lo dovranno sostenere i comuni (quindi al sud non ci sarà per mancanza atavica di fondi) e l'insegnante specialista d'inglese dovrà sparire: cominciando dalla prima, le maestre dovranno seguire corsi appositi per insegnarlo ognuna nella propria classe. I corsi saranno obbligatori e partiranno fra breve.
Be', non c'è che dire. Hanno trovato il modo di rifilarci una "riforma" senza contenuti pedagogici, senza dibattito, ricerca e sperimentazione...nessuno ci era mai riuscito in precedenza, neppure la Moratti che fu contestata aspramente, e la manovrina raccoglisoldi è partita in gran fretta il primo d'agosto senza suscitare neppure grande scalpore, almeno nel sud. Neanche i sindacati si sono agitati più di tanto. Lo sciopero unitario è stato organizzato, udite udite, non i primi giorni di settembre, ma il trenta ottobre, il giorno dopo la definitiva approvazione del decreto 137! Chissà quanto si preoccupa il governo del nostro sciopero: le trattenute per loro sono grasso che cola.
Ora qualcuno si è infervorato e sogna un autunno caldo, magari una versione riveduta e corretta del sessantotto...Io non voglio perdere altri quattrini per colpa della loro inefficienza. Stavolta ho scioperato per solidarietà verso i giovani e i precari; ma è una vita che aderisco agli scioperi, ormai non ci credo più. Non parlo per me stessa, fra poco finirò la mia carriera scolastica, ma per il futuro della scuola: è già disastrata, come andrà a finire se nessuno se ne occupa in maniera seria?
Penso che l'attuale governo non abbia alcun rispetto della scuola pubblica e dei suoi dipendenti. D'altra parte tutti i governi passati hanno dimostrato ben poca stima degli insegnanti elementari, anzi, tormentare la scuola primaria modificando programmi, orari, impianto didattico, numero dei docenti sembra essere il passatempo preferito del ministero oggi chiamato Miur.
Con gli specialisti d'inglese poi è una lunga storia.
All'inizio degli anni novanta si decise d'inserire la lingua straniera nelle elementari, partendo dalla classe terza; allo scopo furono istituiti corsi di formazione destinati alle maestre già in ruolo, della durata variabile da cento a cinquecento ore in base al livello di competenze accertato. Cento ore per le laureate o di pari livello, centocinquanta per le brave, trecento per quelle con qualche infarinatura e cinquecento per chi partiva da zero. Naturalmente i corsi non erano obbligatori, perché si partiva dall'idea che bastasse un'insegnante specializzata all'interno di ogni modulo. Non tutti i docenti aderirono al piano formativo e in molte scuole si dovette sopperire con uno specialista che insegnava solo inglese (o francese, tedesco, spagnolo) in sei o sette classi. L'intenzione della sinistra era però quella di assorbire gradatamente gli specialisti, in modo che la lingua straniera fosse insegnata da una maestra di classe. Ma si continuava ad assumere maestre, dando la precedenza nel concorso a chi superava una prova di lingua straniera. In pratica, si veniva assunti solo dimostrando di conoscere una lingua e senza bisogno di frequentare corsi (lo stato non aveva più soldi).
La destra, quando Berlusconi salì al potere, con la ministra Moratti contribuì all'assunzione di nuovi specialisti inserendo l'inglese obbligatorio anche in prima. Assunse anche molti insegnanti specialisti di religione cattolica nella scuola elementare.
E' alquanto strano che, mentre da un lato si assumeva, dall'altro si annunciasse la riduzione degli specialisti d'inglese e il ritorno al maestro unico. Ci furono grandi proteste, piazzate e scioperi a cui io stessa decisi di aderire.
Però il ministro di centro-sinistra Fioroni, succeduto per poco tempo alla Moratti, non cambiò rotta, ma al contrario continuò ad eseguire il compito di chi l'aveva preceduto assumendo altri insegnanti di religione e assorbendo gli specialisti d'inglese su posto comune.
Quindi è logico che adesso la sinistra non può protestare, fa solo un po' di manfrina. Cosa agita ora il PD? Il voto in condotta, ma soprattutto le classi ponte per gli immigrati stranieri: questo tema lo scuote profondamente, ma forse farebbe bene a scandalizzarsi per altre cose. Ad esempio, è vergognoso che nei primi dieci giorni di malattia dobbiamo subire una trattenuta sullo stipendio, queste cose non le fa nessuno, neanche nel privato, e si penalizzano proprio gli insegnanti che si ammalano! I veri fannulloni vanno e vengono dal posto di lavoro, attaccano il cappello e via; oppure sono sempre presenti ma non fanno praticamente niente, questo però ai ministri Brunetta e a Tremonti non importa...vogliono solo racimolare quattrini e colpevolizzarci, così - secondo loro - stiamo zitti. Il grave è che ad ogni episodio di malattia il salasso si ripete, io perderò (anzi ho già perso) sette euro per ogni giornata, ma qualcuno ne perderà di più. Non si potrebbe, per legge, diminuire lo stipendio di un lavoratore ammalato, ma loro trattengono dalla retribuzione accessoria e così il gioco è fatto...FURRRBI!
Chi ci difende? Purtroppo quasi nessuno. Non mi sembra che i sindacati siano rimasti sconvolti da un simile provvedimento, eppure avrebbero dovuto! Nel settore privato, i primi dieci o quindici giorni di malattia sono retribuiti per intero e le trattenute scattano solo per le assenze successive; questo è comprensibile, perché si cerca di scoraggiare le troppe assenze. Invece nel pubblico si fa il contrario: si incoraggiano le lunghe assenze e si penalizzano le brevi, che poi sono la maggioranza. Nell'ambiente scolastico, altamente insalubre e antigienico, è normale prendersi un bel raffreddore, la bronchite e l'influenza o varie forme parainfluenzali.
Venerdì 31 ottobre, il giorno dopo lo sciopero, alcuni sindacati (non tutti, per la verità, giusto i soliti amici) si sono affrettati a siglare il nostro nuovo contratto. Chi credono di incantare, abbiamo aperto abbastanza gli occhi per vedere la loro falsità.

lunedì 1 settembre 2008

Esuberi di seconda classe, anzi turistica

Sembra proprio che l'intenzione di abolire il team modulare sarà rimandata al prossimo anno, e meno male: eliminare trentamila insegnanti all'ultimo momento, proprio all'inizio delle attività scolastiche, sarebbe stato pazzesco oltre che vergognoso.
Resta la preoccupazione per chi si ritroverà probabilmente senza posto il prossimo autunno.
I lavoratori in esubero all'Alitalia, evidentemente, meritano un migliore trattamento perché saranno assorbiti, come dicono, nel settore pubblico; le maestre e i maestri "di troppo" , invece, non si sa dove andranno a finire.
A chi importa? Sono esuberi di seconda classe, anzi turistica.
Questo provvedimento è anche più drastico del già tragico congelamento dei precari, perché ci sono famiglie che verranno private di un sostegno economico su cui già contano...e poi si lamentano del decremento dei matrimoni e delle nascite! Bel modo di tutelare l'occupazione e i nuclei familiari.
Anche perché come sempre i perdenti posto saranno i più giovani, quelli con minore punteggio, senza considerare minimamente le loro competenze.
Fra l'altro, anche se è un particolare minore, dovrà essere aumentato l'orario settimanale dei docenti: attualmente si tratta di 22 ore - più due pomeridiane di programmazione - che saliranno almeno a 25, ipotizzando la settimana corta come in Francia.
Mi sembra una pessima decisione anche per le conseguenze pedagogiche derivanti.
Intanto non è vero che i bambini hanno assoluto bisogno di una maestra mamma: chi lavora con i piccoli sa che si adattano perfettamente alla presenza di più figure di riferimento, ci sono abituati già nella scuola materna dove le maestre sono due - senza contare l'insegnante di religione e la specialista d'inglese. Anzi, affidare i bambini a una sola persona può causare più danni che benefici, se pensiamo al rischio che si trovino cinque ore al giorno per tutta la settimana con una maestra autoritaria, manesca, impaziente o soltanto poco predisposta a insegnare alcune materie (l'inglese, l'informatica, le scienze, la matematica, la musica, la ginnastica...). Anche nella secondaria si potrebbe ottenere un bel risparmio eliminando o accorpando cattedre. So anche di sprechi a livello universitario.
Come si spiega allora questo accanimento contro la primaria, che da decenni dà buona prova di sè? Perché tutti i governi hanno sempre agito così, confidando sul senso di responsabilità e sulla "docilità" dei maestri; poi nel caso specifico per questioni puramente economiche: il risparmio che si realizzerebbe eliminando il team modulare (tre maestri su due classi) fa veramente gola e così si ammanta l'operazione di bei paroloni, tipo "il bene dei bambini" e repertorio analogo.
Bei paroloni, si fa per dire! Sono luoghi comuni e nient'altro, ottimi per fare presa su un'opinione pubblica poco esperta di tematiche pedagogiche e istintivamente ostile agli insegnanti, considerati scansafatiche e privilegiati.
Mentre togliendo l'insegnamento specialistico dell'inglese non c'è stato alcun risparmio, perché sono state sostituite da altrettante maestre di religione e forse poteva esserci una giustificazione didattica accettabile da alcuni punti di vista, ora invece si prepara un colpo grosso molto sleale..
Non sono contraria per motivi ideologici, penso che la spesa pubblica vada contenuta e razionalizzata, ma non sopporto l'ipocrisia e neppure la mala fede con cui si fa pagare sempre ai più deboli il conto di politiche sbagliate .




domenica 31 agosto 2008

La scuola del sud

E' recente la polemica suscitata dalle dichiarazioni del ministro Gelmini, peraltro subito chiarite, secondo le quali la scuola meridionale verserebbe in condizioni peggiori di quella settentrionale. Ovviamente, gli abitanti del sud che hanno avuto modo di conoscere per esperienza diretta o indiretta come funzionano le scuole pubbliche nel nord Italia sanno che è in gran parte vero.

Purtroppo è un dato reale che nel sud gli edifici scolastici sono spesso in pessime condizioni, le attività didattiche risultano frequentemente male organizzate e la situazione disciplinare in molte classi, specialmente nella secondaria, lascia a desiderare.

Fatte le debite esclusioni, perché esistono sicuramente nel sud istituti di tutto rispetto e nel nord scuole poco valide, dobbiamo accettare anche questa differenza, per inciso non di poco conto, fra un'area e un'altra del nostro paese. Come potrebbe essere diversamente, dato che il sud è oppresso da gravissimi problemi di non facile soluzione? Negarlo significa essere in mala fede.

I professori meridionali che si offendono perché si sentono sotto accusa, dovrebbero invece approfittare della situazione per aprire il sacco e denunciare tutto lo schifo che sono costretti a sopportare quotidianamente, chiedendo aiuto alle istituzioni per cambiare; infatti il risultato di una scuola non dipende solo dai suoi docenti, perché un insegnante pur bravo e responsabile può fare molto poco senza l'appoggio dell'ambiente sociale in cui opera.

Un po' in tutta Italia, ma soprattutto nel mezzogiorno, la scuola ha perso la stima della popolazione; chiediamoci perché e cerchiamo di trovare un rimedio, invece di perderci in sterili polemiche tra polentoni e terroni che ormai non convincono più nessuno. Ci sono ottimi insegnanti in Friuli come in Calabria, tra l'altro almeno il cinquanta per cento dei docenti che lavorano nelle regioni del nord è di origine meridionale, però sicuramente la scuola in quelle zone gode di maggiori attenzioni da parte delle amministrazioni locali e dei genitori e questo permette di ottenere risultati soddisfacenti più che nel sud.

Come può funzionare una scuola in cui manca il gesso e il sapone, i muri crollano, non si possono fare fotocopie, non esiste un laboratorio o una palestra? O dove i genitori dicono al figlio: "La tua insegnante non capisce niente, non studiare troppo che ti stressi"...?!

Qualcuno una volta mi ha obiettato che don Milani creò una Barbiana dal nulla. Ma intanto don Milani era una persona straordinaria e per di più un sacerdote, dotato per questo di un vantaggio che un comune maestro non avrà mai. Si dirà, ma che c'entra?

C'entra moltissimo, invece. Nel sud una Barbiana non c'è mai stata né mai ci sarà, perché una persona da sola non riesce a fare grandi cose. Tutto è organizzato in cricche e chi non accetta l'andazzo viene isolato.

Succede anche questo: alcune persone, pur essendo serie e rispettabili, non sono considerate né ascoltate, semplicemente contano meno di nulla per il solo fatto di non appartenere a una delle associazioni che detengono il potere. Se i ragazzi, i genitori, i colleghi e perfino i bidelli decidono che un professore non ha importanti "appoggi", politici, ecclesiastici o d'altro tipo, per lui è finita, può anche essere la reincarnazione di Einstein: nessuno gli darà comunque retta.

Insegnare nel sud è difficilissimo anche per questo. Inoltre si deve considerare che la cultura ormai non offre vantaggi economici o pratici, perciò risulta priva d'interesse per la maggior parte delle persone che sono spinte solo dall' utile immediato. Il rispetto? Ormai si ottiene più facilmente e proficuamente in modo diverso...

Se prima lo studio garantiva un posto di lavoro sicuro e invidiabile, ora non è più così: vediamo laureati a spasso e ingegneri che guadagnano sì e no ottocento euro al mese, mentre personaggi ignoranti girano tronfi in Suv e automobili costose, permettendosi abitazioni da sceicchi. Perché i ragazzi di famiglia povera dovrebbero ancora sacrificarsi a studiare? Per diventare persone istruite e raffinate, in un ambiente che apprezza ben altri valori? E poi dover prendere la valigetta ed emigrare al nord, in cambio di uno stipendio incerto, neppure sufficiente a pagare l'affitto di casa?

Malgrado ciò, conosco tanti bravi studenti che meriterebbero un paese migliore, e professori eroici che combattono ogni giorno contro i pregiudizi, l'arretratezza e l'ignoranza.

Al ministro Gelmini vorrei dire - se potesse e volesse ascoltarmi- che i problemi della scuola nel sud sono i problemi del sud, probabilmente non si risolveranno mai, di certo non con piccoli interventi palliativi. Se poi pensa di sottrarre risorse economiche all'istruzione per pareggiare i conti altrove, sta commettendo l'ennesimo imperdonabile errore. Eliminare gli sprechi è giusto, anzi lodevole, ma ci sono settori ridotti all'osso, all'indecenza per un paese civile. Parola di maestra Adriana, per quello che conta.

venerdì 1 agosto 2008

Fannulloni, tremate!

Insomma, i ministri Brunetta, Tremonti e Gelmini ce la stanno mettendo tutta per tartassare noi insegnanti, mettendoci in un sol fascio con i dipendenti pubblici. Sapevamo di non essere molto popolari, francamente ce ne eravamo accorti da un pezzo, ma ora mi sembra che stiamo toccando il fondo. Sono scandalizzata anche per il comportamento tiepido dei sindacati; ma che diamine, stanno riducendo la paga a chi si ammala, non si era mai visto in precedenza...Il nuovo governo con questo decreto 112 tratta la scuola come se fosse un emporio, bisogna rivedere il budget, si devono tagliare, le spese... ma non si rende conto che l'istruzione è importante? Possibile poi che tutti gli sprechi risiedano nelle assenze dei docenti o nel numero di alunni per classe? Su questi argomenti mi sono già espressa in un post precedente, non voglio ripetermi. Si invocano le motivazioni pedagogiche per nascondere quello che è un puro calcolo contabile; dove racimolare soldi per i conti pubblici che fanno acqua da tutte le parti? Ma sì, c'è la scuola. Tanto, è già spremuta come un limone, peggio di così non può certo andare...
Hanno stabilito che sarà obbligatoria la visita fiscale anche per un solo giorno d'assenza. Veramente altri governi precedenti ci avevano già provato, peraltro con scarsi risultati. Tra le nuove norme, per le malattie di breve durata, inferiori ai dieci giorni (quindi per i non fannulloni), è prevista anche una riduzione dello stipendio. Il dipendente dovrà essere sempre reperibile, tranne un'ora per la... pausa pranzo e dopo le venti (ci mancherebbe anche la visita notturna). Ma che provvedimenti sono questi? A che cosa dovrebbero servire? Forse a mandare insegnanti a scuola con tanto di febbre e bronchite, per distribuire meglio i virus, dato che non bastano quelli già pullulanti nelle aule. Non credo proprio che gli ammalati possano smettere di ammalarsi, a meno che il governo non decida una campagna di vaccinazione antinfluenzale obbligatoria. Sarebbe un'idea. Anzi, proporrei il ritorno della sala medica in ogni istituto scolastico. Era utilissima, fra l'altro serviva anche come piccolo sfogo nei momenti di crisi; quando ero piccola c'era una dottoressa in tutte le scuole, chi è negli "anta" se lo ricorderà.
Quanto ai veri fannulloni, loro se ne infischiano della visita fiscale per un giorno, tanto non si assentano quasi mai, oppure prendono lunghi periodi di congedo! Conoscono il modo di lavorare pochissimo figurando sempre presenti. Facciano controlli a sorpresa negli uffici e vedranno chi lavora veramente e chi invece appende il cappello.
Prima di accanirsi contro chi sta male (soprattutto nella scuola, date le pessime condizioni igieniche in cui versano molti istituti), farebbero bene a controllare chi c'è, compresi i dirigenti.
Poi dovrebbero verificare se i dipendenti sono in grado di rendere; se i locali rispettano le norme di sicurezza e d'igiene, se le attrezzature non sono carenti oppure obsolete e guaste, se il personale è valorizzato in maniera adeguata alle sue effettive competenze, se nell'ambiente lavorativo non esistono casi di mobbing e bullismo, eccetera eccetera.
Tutto ciò comporta molto impegno e fatica, perciò è sicuramente più comodo dare dei fannulloni a quei poveri cristi di maestri e professori che lottano in cambio di un modesto stipendio, senza ricevere alcun ringraziamento da nessuno - casomai critiche e maldicenze - pensando al bene dei ragazzi e a quello di uno stato che non sa apprezzare il loro lavoro.
Come al solito sono sempre i più deboli ad essere presi di mira: come mai non decidono di ridurre lo stipendio ai parlamentari o ai dirigenti pubblici? Perché non riducono drasticamente i fondi per i progetti aggiuntivi, perché non eliminano le figure obiettivo (del tutto inutili)? Sarebbe già un bel risparmio. Eh già, migliaia di euro che piovono in ogni scuola per essere distribuiti - o disseminati - da quando vige la logica dell'empowerment.
Non mi si dica che sono discorsi qualunquisti. Le pecche nella scuola esistono, eccome, però per eliminare quelle non si fa mai niente, mentre si fa sempre qualcosa per produrre ulteriori guasti.

sabato 26 luglio 2008

Un insegnante ogni tredici alunni

In Italia c'è un insegnante ogni tredici alunni. Detto così, fa impressione a chi non conosce il mondo della scuola; in realtà, essendo un dato medio, vale un po' pochino, è come la storiella del mezzo pollo a testa. Esistono insegnanti che lavorano solo con dieci alunni, ma sono pochissimi: gli altri (la maggioranza) hanno sessanta, novanta, perfino centoventi allievi, come nel mio caso. L'informazione è spesso superficiale, si limita alla notizia che fa colpo sull'opinione pubblica e non si addentra nello specifico, ma tutti i genitori sanno - o dovrebbero sapere - che la scuola è organizzata così; dalla prima media in poi in una classe subentrano decine di professori.

Non dico che sia un bene, però! Personalmente preferirei che i ragazzi fino a quindici anni avessero poche figure di riferimento, non più di cinque o sei, comunque mai una sola. Il rischio di plagio con i bambini è fortissimo; conosco maestre che vorrebbero essere le uniche insegnanti nella classe per avere più potere sugli alunni e sui genitori, per tenerli in pugno. Ovviamente quando si lavora in team ciò non è possibile, bisogna rapportarsi con le colleghe, mettere in discussione a volte anche i propri metodi o i contenuti dell'insegnamento, concordare strategie comuni...La mia impressione è che lo spirito di gruppo sia molto carente nella maggioranza dei maestri italiani, ecco perché molti invocano il docente unico almeno nelle elementari. E' certamente una soluzione di comodo per alcuni, ma non risponde alle esigenze degli studenti. Secondo me si tratta di una soluzione anacronistica; nella società in cui viviamo e con tutte le competenze che oggi si richiedono, tre maestre (o maestri, se ancora ci sono) possono gestire meglio una scolaresca composta da venticinque o più ragazzini vivacissimi e pieni di curiosità, bombardati da mille informazioni e stimoli. Oppure, se proprio si vuole la maestra unica perché si ritiene che tuteli meglio l'unitarietà del sapere, bisognerebbe innanzitutto selezionare insegnanti superpreparate che conoscano le materie in modo approfondito, compresi l'inglese e l'informatica, e assegnare a ciascuna non più di dieci scolari. E' realistico, nel momento in cui ci troviamo?

In ogni caso, sarebbe uno sbaglio enorme formare classi di trenta ragazzini, fra cui uno o più diversamente abili senza sostegno, affidandoli a una sola maestra di stampo tradizionale. Significherebbe fare non uno, ma cento passi indietro; non dimentichiamo che la scuola elementare di un tempo accoglieva trenta alunni ma era molto selettiva, bocciava senza appello, aveva un solo maestro ma meno ore, meno giorni di scuola e minori materie, gli alunni disabili stavano in istituti o classi differenziali... Ricordiamo bene questi particolari, perché non sono di poco conto!

domenica 13 luglio 2008

La maestra d'inglese: specialista o specializzata?

La lingua straniera nella scuola primaria, introdotta all'inizio degli anni novanta, è stata subito circondata da roventi polemiche. Da un lato c'era chi non accettava la nuova disciplina, ritenendola inutile o troppo difficile, dall'altro chi mal sopportava l'introduzione di una nuova insegnante per motivi più gretti, ad esempio perché si doveva aumentare il tempo scuola, portandolo da ventisette a trenta ore. Si criticava la figura della maestra specialista, ovvero dedita solo all'insegnamento della lingua in sei o sette classi, sostenendo che fosse didatticamente preferibile la maestra specializzata, cioè quella che insegna anche la lingua straniera oltre ad altre materie in una o due classi. Parlo al femminile perché mi viene spontaneo, data la stragrande maggioranza di colleghe nell'ambiente scolastico.
Nessuno però ha mai sollevato obiezioni all'insegnamento specialistico della religione cattolica, iniziato già negli anni ottanta.
Il ministro Moratti ha optato per la maestra d'inglese specializzata e dopo di lei anche Fioroni ha continuato l'opera. Quasi tutte le specialiste di lingua straniera sono state assorbite su posto comune; ormai ne sopravvivono pochissime in via d'estinzione, ed io sono fra queste. Sono vicina al pensionamento e spero tanto di arrivarci.
Che dire? Ho sopportato di tutto, sono rassegnata. Non mi si dica però che è stata una scelta di carattere didattico...Perché, contemporaneamente, è avvenuta l'assunzione in ruolo di 14.000 docenti specialisti di religione, i quali possono addirittura insegnare l'inglese - avendone titolo - a completamento d'orario...Ma non dicevano che l'insegnamento specialistico era da abolire?
Noi maestre d'inglese abbiamo sempre ricevuto trattamenti bizzarri e nessuno, di fatto, ci ha mai difese.
Prima di tutto ci hanno invogliate a lasciare la nostra classe o modulo per diventare specialiste: non è stato come bere un biccchier d'acqua, abbiamo dovuto frequentare lunghi corsi tutti in presenza, spesso affrontando viaggi di molti chilometri (120 nel mio caso).
Ai corsi si veniva ammessi tramite un esame selettivo; si partiva da 100 ore (per le laureate o madrelingua), 150 per chi aveva ottime basi scolastiche, 300 per chi le aveva buone, 500 per chi non aveva studiato l'inglese a scuola. Quei corsi costavano parecchio e così ben presto sono stati aboliti: bastava superare un esame in sede di concorso magistrale. Molte ragazze sono entrate in ruolo proprio grazie al punteggio ottenuto con quell'esame d'inglese o francese, in quanto dava la precedenza rispetto alle candidate sprovviste di titolo.
Per convincerci ulteriormente a lasciare la nostra classe, all'inizio ci hanno promesso un punteggio aggiuntivo che poi ci è stato prontamente tolto. Quante polemiche anche per questo! Non si trattava di un punteggio raddoppiato, come nelle scuole di montagna, eppure le critiche fioccavano da ogni parte: non è giusto, non è giusto... Il doppio punteggio per le scuole di montagna, invece, non è stato mai tolto a nessuno!
Ci hanno costretto a fare supplenze nelle ore di compresenza; d'accordo, siamo insegnanti come le nostre colleghe, ma non abbiamo la pratica quotidiana delle altre materie come loro, perciò dovremmo essere utilizzate diversamente. Si potrebbe obiettare che comunque siamo state abilitate a insegnare tutto. Bene, allora spiegateci perché facciamo parte dell'organico d' istituto, però su posto speciale...in pratica, se vogliamo ritornare a fare le maestre "normali", dobbiamo ...chiedere il trasferimento, come le maestre di sostegno! Per le supplenze, invece, andiamo sempre bene!
Ancora: il nostro orario è stato modificato varie volte, ma non certo per motivi di ordine didattico. Siamo le tappabuchi della scuola. La nostra presenza è necessaria per coprire l'insegnante prevalente nel suo giorno libero o nelle uscite anticipate.
Il fondo l'abbiamo toccato quando è stato introdotto l'inglese anche in prima e in seconda...E' molto faticoso gestire più di cento alunni di varie età, dai cinque agli undici anni e con esigenze diverse, perché la lingua straniera è una materia particolare. 
E poi, con una sola ora settimanale in prima, magari coincidente con l'intervallo, è davvero assurdo, non si ottiene niente...in seconda, abbiamo solo due ore e finisce che  ci vengono assegnate in una sola giornata, sempre per favorire l'orario, ma non certo i bambini.
Anzi, la Moratti inizialmente avrebbe voluto due ore in tutte le classi, eccetto la prima. Insomma, l'inglese è importante oppure no? Le "tre I" erano uno slogan a effetto, oppure sottintendevano qualcosa di valido?
Dopo tanto calvario, adesso non serviamo più.
Perché vi racconto questi particolari? Non intendo certo annoiarvi; voglio solo farvi sapere che tipo di decisioni vengono prese sulla pelle dei docenti e degli studenti. E' istruttivo ed educativo anche questo. Quando vi parleranno di riconoscimento del merito, avrete qualche motivo in più per riflettere.

L'antipolitica

In alcuni post avrò dato l'impressione di avercela con la politica in genere. Non sono affetta da grillite, anche se Beppe, in molte cose che dice, ha ragione da vendere; penso che i politici svolgano un compito importantissimo e siano insostituibili per determinate decisioni, ma non per tutte.

La politica può effettivamente cambiare le sorti di una nazione – lo vediamo dai fatti recenti - e dare una svolta decisiva a un paese in campo economico e sociale. I buoni governanti lasciano il segno, purtroppo però anche quelli cattivi...

Credo che i più gravi problemi della scuola italiana dipendano in gran parte da riforme mal condotte e ingerenza eccessiva della politica. Anche se all'estero non stanno molto meglio.

Tutti i governi della nostra Repubblica hanno cercato di plasmare la scuola pubblica secondo il loro modello ideologico, nella convinzione di compiere un'opera meritoria per la società. Il punto è: finora ci sono riusciti? Sono stati in grado di migliorare l'istruzione e l'educazione dei giovani, influendo beneficamente sul futuro economico e lavorativo di intere generazioni? Giudica tu.

In ogni riforma ci sono aspetti accettabili, almeno sulla carta; in seguito, passando all'attuazione, emergono le difficoltà e le contraddizioni che a tavolino non si possono notare. A quel punto nessuno è capace né si preoccupa di porvi rimedio: la macchina procede come uno schiacciasassi finché non arriva il governo successivo che blocca tutto e riparte da capo, o peggio ancora cerca di salvare il pasticcio precedente con rattoppi alla buona.

In tutti i provvedimenti scolastici, poi, c'è un lato molto spregevole: il tentativo di accaparrarsi voti con proposte populistiche e offerte di posti di lavoro. Questo è sempre successo e sempre succederà.

Dirai: in fondo, che male c'è a sistemare i parenti e gli amici, avendone il potere? E' quell' “in fondo” che mi fa riflettere. Siamo sempre pronti a giustificare tutto e tutti con l'espressione “in fondo”...L'istruzione e la salute sono troppo importanti per cavarsela con un “in fondo”. Se si limitassero a raccomandare soltanto persone capaci e preparate, se sistemassero la gente inetta in qualche ufficio, tra faldoni e scartoffie, poco male... ma sulla cultura e sulla pelle delle persone non si scherza!

Ecco perché penso che i politici non dovrebbero amministrare l'Istruzione. In quel settore è necessaria la supervisione di un comitato esterno, formato da pedagogisti esperti di provata fama nel campo, esponenti della cultura e dell'economia, saggi, persone stimate e appartenenti a diversi orientamenti di pensiero. Oggi più che mai dobbiamo dare importanza al settore dell'istruzione perché è la nostra principale risorsa. Paesi come l'Irlanda o la Finlandia in questo sono stati più attenti e veloci di noi ed hanno dato una svolta fondamentale alle loro politiche scolastiche. Noi italiani invece siamo presi da altri problemi, o forse pensiamo di avere molto tempo a disposizione.

mercoledì 9 luglio 2008

Tante domande e qualche risposta, secondo me

Ciao! Benvenuti nel mio blog dedicato - guarda che fantasia - ai problemi scolastici. Sarà perché faccio la maestra da trent’anni e prima ancora ero una studentessa, ma la scuola ce l’ho nel sangue. Passando attraverso varie epoche ricordo ancora la vecchia elementare con la maestra unica, il pennino e il calamaio; nel frattempo l’Italia è cambiata tantissimo e la scuola pure, ma non uniformemente in tutti gli ordini e i gradi.

Nella società attuale, che importanza ha ancora la scuola?
Un’importanza enorme, come in tutte le società del passato. Molti sostengono che ormai per i giovani ci siano altre fonti di apprendimento e di educazione molto più efficaci, in particolare i mass media. Non sono affatto d’accordo. La tendenza a considerare la scuola solo un parcheggio, o un pedaggio scomodo secondo i punti di vista, è la causa principale del degrado a cui assistiamo da troppo tempo senza reagire. Molti insegnanti e genitori sono al corrente dei guasti materiali e morali che emergono ovunque, eppure pochi si lamentano o cercano di lottare, come se fossero rassegnati all’andazzo generale…

Dove sta andando la scuola?
Probabilmente dove doveva andare e lo dico senza mezzi termini. Semplicemente ha continuato per la sua strada ignorando i segnali che da anni e anni le venivano mandati. Qualcuno si ricorda del famoso ‘68? Posso ben dire: “Io c’ero” perché in quel periodo frequentavo il liceo. Come molti altri ragazzi e ragazze, all’epoca sognavo una scuola moderna, accogliente, attenta ai nostri problemi e alle nostre esigenze. Che illusione! Qualcosa per la verità è cambiato: va tutto peggio. Si dirà che esistono docenti meravigliosi, scuole all’avanguardia, poli di eccellenza, ecc. ecc. ed è vero. Complimenti e applausi a tutti loro per i miracoli che riescono a fare, però dobbiamo considerare il livello medio che costituisce la vera ossatura della scuola italiana e quello purtroppo, secondo il mio sommesso ma non unico parere, lascia molto a desiderare.

La scuola primaria almeno funziona bene?

Sembra proprio di sì. La spiegazione è abbastanza semplice…anzi, elementare, direi, se mi perdonate la battuta! Tutti i governi che si sono succeduti dai lontani ‘70 hanno profuso consistenti risorse economiche e umane nell’innovazione partendo sempre da lì, nel bene e nel male. Il primo grado dell’istruzione quindi si è dovuto evolvere per forza cercando di stare al passo coi tempi. E poi - bisogna dirlo - le tanto deprecate maestre si sono sempre impegnate anima e corpo nelle varie riforme proposte, sopportando ore ed ore di aggiornamenti gravosi e talvolta aderendo a sperimentazioni al limite dell’assurdo. C’è stato dialogo, confronto, anche qualche scontro ma i risultati alla fine si sono visti; naturalmente ci sarebbe molto da discutere e da correggere, ma in sostanza possiamo dire che la vecchia signora ex elementare si regge ancora in piedi e si difende con grinta. Dei suoi problemi parleremo poi in modo approfondito.

La secondaria superiore invece sembra in crisi, come mai?

I professori sono diffidenti riguardo ai cambiamenti e non amano modificare i propri metodi ormai collaudati. Potremmo anche dargli ragione, se non fosse per due piccoli particolari: la scuola dell’obbligo e la nuova media unificata, vigente dal ‘63 in tutto il territorio nazionale, hanno comportato uno stravolgimento titanico dell’istruzione pubblica.
Parrebbe logico che, riformata la scuola di base, dovesse cambiare anche la secondaria superiore, invece no. Lì non si sono viste riforme significative; i programmi ricalcano più o meno quelli di sessant’anni fa, mentre gli alunni sono ben diversi. Proprio grazie a quella riforma molti figli di contadini e operai hanno avuto accesso ai licei e all’università, in precedenza preclusi alla maggior parte di loro. Fino agli anni cinquanta chi non sapeva leggere veniva bocciato all’esamino di seconda classe e difficilmente arrivava in quinta o era ammesso all’esame di licenza elementare; per accedere alla media poi si doveva superare un altro esame e così via, una selezione dopo l’altra. Logicamente in quel sistema i figli della borghesia risultavano avvantaggiati, non perché fossero più intelligenti, ma per i maggiori stimoli culturali che ricevevano dalla famiglia. La scuola selettiva inoltre permetteva ai professori di svolgere un programma standard, valido in qualsiasi istituto statale, dalle Alpi all’Etna, senza sostanziali differenze e senza adattamenti particolari: chi riusciva ad andare avanti, bene, chi non ce la faceva era più o meno delicatamente invitato a cambiare strada, a trovarsi un mestiere. Il diploma di maturità aveva un bel valore, ottenerlo costava tanti sacrifici e non era per tutti. Da almeno quarantacinque anni non è più così! Possiamo lamentarci e disapprovarlo, ma è un dato reale e negarlo non serve a niente. La scuola non procede più in maniera selettiva; dobbiamo adattare i nostri programmi e metodi alle diverse intelligenze (il riferimento a Howard Gardner non è casuale!) dei nostri alunni. In questa prospettiva insegnare è diventato uno dei mestieri più difficili e logoranti dal punto di vista psichico. Al docente non basta conoscere a menadito la disciplina che insegna, deve anche saperla insegnare a ragazzi dotati di varie capacità e interessi, sempre meno motivati a studiare perché ormai il titolo di studio non garantisce niente. Sono finiti i tempi in cui si andava alle superiori per farsi una bella posizione, per trovare il classico buon “posto” da impiegato, ragioniere, geometra, maestro. Oggi neanche con una laurea c’è la carriera garantita. Si studia soprattutto per apprendere, ma cosa? Forse come vivere, come stare in società, come lavorare? Non proprio. Basta scorrere i programmi e i contenuti: il tema principale è, ancora e sempre, il passato: come si parlava duemila anni fa, come si viveva nel medioevo, come si scriveva nel secolo scorso, a volte con una meticolosità incredibile e uno spreco irragionevole di tempo e di risorse, mentre del presente c’è ben poco. I secchioni (o piombini) naturalmente studiano qualsiasi cosa per il puro gusto di studiare e di sentirsi dire bravi, anche se oggi questo è un rischio, ma la maggior parte dei giovani non riesce più a trovare interesse per ciò che deve apprendere. Immaginiamo un ragazzo di famiglia disagiata, con i genitori separati o disoccupati, carico di problemi esistenziali tra cui la droga, costretto a imparare la Divina Commedia, l’Eneide o il teorema d’Euclide: dovrà fare uno sforzo tremendo e altrettanto il suo insegnante per trasmettergli quelle nozioni. La lezioncina di latino o greco che ascoltavamo in quarta ginnasiale oggi è un’autentica botta di veleno soporifero per ragazzi che pensano a ” L’ isola dei famosi” e a quanti sms hanno ricevuto negli ultimi secondi. Ce ne rendiamo conto, oppure vogliamo continuare a chiudere gli occhi e le orecchie? Si è creato un divario enorme tra il mondo reale, la società che abbiamo davanti con tutte le sue novità, le contraddizioni, le aberrazioni e, dall’altro lato, una cultura scolastica basata come sempre sull’apprendimento teorico e mnemonico, quasi compiaciuta di bastare a se stessa. I programmi mastodontici, i libri sempre più pesanti, gli orari incalzanti per poter fare sempre di più nella mattinata (esistono scuole con sei ore di lezione consecutive!) dimostrano solo una folle perseveranza nel voler proseguire sulla vecchia pessima strada, già malandata e impraticabile nel lontano ‘68. Credo che sia assolutamente urgente una seria riforma della scuola secondaria inferiore e superiore.

Perché non torniamo alla scuola tradizionale che almeno dava buoni risultati?

I buoni risultati si ottenevano, è vero, ma andavano bene per quei tempi. Oggi si richiede altro. Gli esercizi di calligrafia, la copia dal vero, la conoscenza del latino e del greco, i temi d’italiano e le lunghe pagine imparate a memoria concorrevano a formare il bagaglio culturale medio necessario all’epoca. Oggi nessuna persona può lavorare in campo impiegatizio se non conosce un minimo d’inglese e se non sa usare il computer almeno a livello pratico; gli svolazzi calligrafici non interessano a nessuno e la pittura sta diventando digitale. La maggior parte dei mestieri tradizionali purtroppo è in via di estinzione - se non estinta del tutto - e ne nasce uno nuovo al giorno, quindi che senso avrebbe tornare ai metodi di un secolo fa? Se poi qualcuno rimpiange la scuola elitaria, classista e selettiva, prima consideri quante persone della sua stessa famiglia, con quel sistema, oggi sarebbero costrette a lavorare nei campi o in un cantiere, al posto degli extracomunitari. La soluzione più saggia non si trova guardando indietro, ma avanti: è meglio correggere la rotta sbagliata anziché regredire al punto di partenza.

Tutti possono diventare insegnanti. O no?
Assolutamente no, secondo me. Insegnare è una professione durissima, non alla portata di tutti. Mia nonna diceva in tedesco che nessuno scende dal cielo già maestro: certo un mestiere s’impara, la competenza si può acquisire, malgrado ciò per insegnare occorre qualcosa di più. Io dico che ci vuole un insieme di doti naturali da sviluppare con adeguati studi e molta esperienza. Se manca la stoffa adatta, non si può fare un certo tipo di vestito… Tanto per fare un esempio, nessuno userebbe l’organza di seta per una tuta da ginnastica, o il loden per un abito da sposa. La stoffa poi dev’essere tagliata e cucita bene, seguendo il modello giusto. Un professore autoritario, nervoso, impaziente e poco obiettivo potrà anche essere un pozzo di scienza, ma risulterà un pessimo insegnante. Sarà scarsamente incisivo sulla formazione culturale dei suoi alunni - difatti non impareranno gran che - mentre invece avrà molta influenza sul loro carattere e sulla loro personalità, però in senso negativo.
Non ci nascondiamo che in un passato recente la carriera scolastica era l’approdo preferito di chi non sapeva che altro fare, un refugium peccatorum piuttosto comodo e risolutivo in tanti casi disperati. Molte assunzioni avvenivano per vie clientelari, con una forte pressione e ingerenza dei partiti di volta in volta al governo. Purtroppo chi sa di dovere la sua “sistemazione” soltanto alla raccomandazione sicuramente ha abdicato alla libertà e all’autonomia di pensiero, mancanza gravissima per un docente che dovrebbe non solo difenderle con orgoglio, ma addirittura averle nel proprio patrimonio genetico per poterle trasmettere agli allievi.
Scusate, che cosa insegniamo ogni giorno, a parte i contenuti pletorici dei libri? Continuiamo a ripetere come robot che le opinioni non sono in vendita al miglior offerente, che nella vita non contano solo i soldi, che i disabili (anzi, i diversamente abili) hanno gli stessi nostri diritti, tutti uguali e tutti diversi, grasso è bello, donna è bello, l’ età non conta, la vera bellezza è dentro e non fuori, il fumo uccide, il lavoro nobilita e tanti, tanti altri “bla bla” più o meno retorici. Ma il nostro comportamento è contraddittorio. I ragazzi ci guardano e giudicano i fatti. Per loro l’esempio conta più di mille parole. La coerenza ci rende degni del loro rispetto, invece le bugie e le varie ipocrisie quotidiane ci allontanano da loro irreparabilmente.

Che cosa fanno i professori?
A giudicare dai video di YouTube, un po’ di tutto, perlomeno nelle superiori. La scuola pazza ormai è cronaca quotidiana. Ci sono prof schizzati, disperati, arresi, imbottiti di antidepressivi o tranquillanti. Ci sono quelli proprio fusi che imitano John Travolta, ballano, cantano, urlano, si travestono, si svestono o si fanno la canna mentre i ragazzi li riprendono col cellulare (sarebbero proibiti ma intanto, chissà come, ce li hanno sempre in tasca) per poi esporli nel web al ludibrio generale. A volte si tratta di scemenze costruite ad hoc, per esibizionismo; a volte invece è l’unica arma in mano agli studenti per denunciare una situazione tremenda che altri preferiscono ignorare (come appunto fa lo struzzo). Sono sicura che molti insegnanti svolgono egregiamente il loro compito. Sono eroi o martiri, secondo i punti di vista. Sarebbero straordinari in qualsiasi situazione, anche nella peggiore scuola del peggior quartiere periferico. Gli altri, quelli un po’ meno santi e meno vocati di Madre Teresa di Calcutta, purtroppo non ce la fanno… Ne vogliamo prendere atto? Se preferiamo, possiamo pure continuare a negare i problemi, dando la colpa a quelle carogne e sobillatori dei giornalisti.

La scuola però non guarirà da sola, questo è certo, e non basteranno le lettere del ministero. Il tempo delle chiacchiere ormai è finito da un pezzo. Non voglio condannare nessuno. O meglio, qualcuno lo condannerei: chi ha messo in cattedra persone impreparate, chi lascia la scuola in condizioni pietose e i docenti al massacro. Non si può ridurre l’ istruzione a un mercato, anteponendo i propri vantaggi al bene di tutta una generazione e di quelle future. La preparazione dei docenti e il successivo reclutamento devono essere molto accurati. Dimentichiamo la procedura scarna dei vecchi concorsi, con il tema e l’interrogazione in pedagogia; non serve neppure la graduatoria dei precari che premia come al solito i più forniti di punti (leggi i meglio ammanicati) e li manda in cattedra senza selezione. Non è così che si devono assumere i professori. E dopo averli scelti bene, bisogna anche farli lavorare…Bisogna metterli in grado d’insegnare dignitosamente, in un ambiente decente, dove il rispetto delle regole sia la norma e non l’eccezione. Sono scelte che costano, è naturale. E non parliamo sempre e soltanto del costo economico! Quanti soldi vengono sprecati in progetti dai dubbi fini e dai meno chiari risultati, mentre manca il materiale necessario al normale andamento didattico…Perciò credo che la pubblica istruzione non dovrebbe essere amministrata dai partiti al governo, ma da un consiglio indipendente formato da esperti e saggi con un duplice incarico: riformare seriamente la scuola e investire meglio il denaro dei contribuenti.

Considerata l’odierna situazione della politica e della cultura, temo però che nessuno vorrà assumersi responsabilità in campo scolastico. I prossimi governi cercheranno - come i loro predecessori - di applicare qualche palliativo più o meno popolare, senza risolvere i problemi di fondo.

La scuola italiana non è diventata meno autorevole perché alle elementari ci sono più maestri invece di uno. Ha perso dignità per motivi più seri: perché i titoli di studio sono sviliti, ormai valgono pochissimo, non garantiscono un lavoro e neppure l'istruzione. La legge obbliga a frequentare una scuola più o meno identica nei metodi e nei contenuti, anche chi è negato per lo studio e non ha il minimo interesse per la cultura. Certo, non era giusto che i figli dei poveracci andassero a fare i camerieri e i contadini a dieci anni e che solo i borghesi potessero laurearsi. C'era un classismo immorale che andava senz'altro eliminato, ma non lo si doveva sostituire con l'opposto.

Il vero scopo della riforma concepita all'inizio degli anni sessanta doveva essere diffondere maggiormente la cultura promuovendo il progresso del popolo italiano, non regalare a tutti un titolo di studio fasullo per riscuotere facile consenso e tantomeno mandare masse di giovani all'università senza una preparazione valida e senza speranza di potersi poi collocare nel mondo professionale, avendo distrutto dall'altro lato l'artigianato e i mestieri.

Come al solito nel nostro paese le riforme si studiano molto a tavolino, ma dal momento dell'attuazione vengono abbandonate a se stesse, senza più controllo. I risultati li vediamo col tempo. Quando finalmente appare chiaro a tutti che una riforma ha prodotto lo sfascio, invece di fare il mea culpa si accusano gli avversari politici di ostruzionismo, si tira in campo la sfortuna, il popolo che non capisce e via dicendo; nessuno pensa di porvi rimedio in maniera decisa, ma si applicano alcune toppe che quasi sempre peggiorano la situazione.

Governare uno stato è difficile, roba da non dormire la notte; non basta la creatività, ci vuole metodo e testa, serve anche l'umiltà di chiedere a chi è competente in merito opinioni e consigli. Invece cittadini esperti e autorevoli sono stati ignorati dai partiti politici, preoccupati solo di manovrare per ottenere consenso elettorale.

Siamo arrivati alla stagione del raccolto.

Il tormentone della maestra unica

Ricomincia il tormentone della maestra unica. Da trent' anni a questa parte, sembra che tutti i guai della scuola italiana risiedano nell'organizzazione della primaria (ex elementare). Non c'è ministro che, appena insediato, non proponga subito la sua formula magica! Viene da malignare che sia perché i maestri - dovrei dire le maestre, data la stragrande maggioranza di personale femminile - sono sempre pronti a recepire e adottare ogni novità che arriva da Roma, mentre i professori in genere si dimostrano molto meno teneri nei confronti delle riforme.

Anche il nuovo ministro Gelmini non smentisce la fama dei suoi predecessori Fioroni, Moratti, De Mauro, ecc.

Si parla di quasi 100.000 posti d'insegnamento in meno, oltre a una consistente riduzione del personale Ata. Lo slogan esaltante è: "meno insegnanti, ma pagati meglio". Non solo: più alunni per classe, meno materie nelle superiori (tanto non servono...)

Nella primaria, forse ritorneremo a una sola maestra (o maestro, ma i maschietti sono così pochi ). In base a quale logica? Ragionieristica, credo, perché non potrei vederne altra.

Stando ai risultati delle ultime rilevazioni Ocse-Pisa, la scuola primaria italiana regge bene il confronto con altri paesi europei, perché i nostri alunni si qualificano mediamente in buone posizioni (anche se con risultati variabili a livello regionale). Ciò dimostra che avere più insegnanti per classe non è nocivo, come alcuni sostengono. L'abolizione del maestro unico sostituito da un team (o équipe), iniziata negli anni ottanta, non ha portato problemi ai bambini, semmai ad una parte di genitori e docenti che rimpiangono la scuola tradizionale.

Anch'io ho avuto una sola maestra; la ricordo sempre elegante nel suo grembiule di raso nero con il colletto di pizzo, distinta e severa dall'alto della cattedra; ricordo con commozione l'odore dei banchi di legno massiccio incerato, i quaderni con la copertina nera, lo scricchiolio del pennino sul foglio, il gorgoglìo dell'inchiostro che i bidelli versavano nei calamai, piano piano come fanno gli inglesi con il tè. Eravamo trenta, trentuno bambine educatissime, non si sentiva mai alzare la voce...la parola della maestra per noi era legge. Ogni mattina dall'altoparlante provenivano musiche edificanti, come l'Ave Maria cantata da Beniamino Gigli, seguite puntualmente dal saluto del direttore. Non ricordo che mancasse mai il gesso o che ci fosse un campanello rotto; le finestre avevano le tende parasole e i bidelli non passavano il tempo leggendo il giornale o pettegolando, pulivano sempre, addirittura passavano i corridoi soltanto con la segatura umida per non farci scivolare. Andare in direzione a mostrare un compito ben fatto e prendere "visto e lode", con il timbro e la firma del direttore, significava salire al settimo cielo.

Adesso però sono cosciente che una scuola del genere non può esistere. Appartiene davvero al passato remoto.

Prima di tutto i ragazzini d'oggi sono molto diversi da quelli di vent'anni fa: una mamma fatica a tenere calmi due figli, figurarsi cosa succede mettendone trenta insieme! I bambini d'oggi alla maestra danno del tu, p er non dire altro... Pretendere che un insegnante da solo possa tenere sotto controllo e istruire una classe di trenta e più alunni con tutto quello che oggi si richiede, dall'italiano all'inglese all'informatica e quant'altro, significa non capire niente di didattica oppure agire in malafede per voler rovinare la scuola pubblica.


giovedì 3 luglio 2008

I have a dream

La scuola che sogno e ho sempre sognato non esiste. Lo so, ma non importa, continuo a credere che un giorno ci sarà ed è così che la vorrei:
- Una struttura decente, spaziosa, ben attrezzata, senza muri che si sgretolano, rubinetti rotti e porte bucate.
- Una comunità accogliente, dove non si litiga e non si grida, tanto non ce n'è bisogno, perché tutti si rispettano tra loro.
- Una scuola che non conosce la noia, lo spreco di tempo, il lavoro insensato.
- Un mondo in cui tutti possono esprimere le discutere liberamente le proprie idee, anche quelle non gradite alla maggioranza o non politically correct, senza essere aggrediti o derisi.
- Un ambiente laico, com'è o come dovrebbe essere lo stato, dove non si esibiscono le proprie credenze religiose per condannare o mortificare chi ne ha di diverse, oppure ne è privo.
- Un mondo indipendente dalle influenze della politica, molto attento a ciò che succede nella società, ma interessato prima di tutto alla cultura, al benessere e alla crescita fisica e morale dei ragazzi.
- Una scuola che aiuta, sostiene ed offre a ciascuno le giuste opportunità, non sempre il meglio ai soliti quattro privilegiati, ma neppure il peggio a
tutti quanti.
- Una scuola che ha dignità e rispetto per se stessa e quindi non si squalifica. Chi non sa abbastanza o non ha voglia di migliorare non può pretendere voti alti e titoli immeritati, senza musi lunghi né ricatti.
- Un posto dove chi è bravo deve ottenere il giusto apprezzamento, senza suscitare invidia e rifiuto, mentre chi non lo è dev'essere incoraggiato ad accettare i propri limiti, senza drammi né falsi pietismi.
- Un ambiente che ha sempre interesse a progredire e non si chiude in un guscio per difendersi dal cambiamento.
Con affetto
Maestra Adriana